Il 12 e 13 giugno sarà giornata di referendum. I quesiti del referendum sull’acqua che verranno proposti il 12 e 13 giugno non sono di facilissima lettura, e richiedono che i votanti siano informati prima di entrare nel seggio elettorale.
Essendo il referendum, nell’ordinamento italiano, sempre e soltanto abrogativo di una legge, non solo bisogna tenere a mente che se si vota No si è favore, se si vota Sì si è contro alla proposta referendaria, ma anche che la lettura del testo del quesito sulla scheda è davvero sibillina, perché si chiede se si voglia o meno l’abrogazione di una serie di disposizioni, indicate in termini strettamente giuridici con i soli numeri di articoli, leggi e decreti legge. Appena più chiaro il titolo dei quesiti, il primo (scheda rossa) essendo “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione”.
Si propone, in pratica, l’abrogazione, dell’originario art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008, relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, modificato da decreti, legge e sentenze successivi. Tale articolo e modificazioni stabiliscono come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40% del capitale.
Il secondo quesito (scheda gialla) è “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma” e si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (il cosiddetto Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”: sarebbe la parte di normativa che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa.
Il referendum è stato promosso in primo luogo dalla rete dei comitati e gruppi locali che in questi anni si sono opposti alla progressiva privatizzazione dei sistemi idrici pubblici, riuniti nel Forum italiano dei movimenti per l’acqua; il movimento per l’acqua ha una sua storia, ormai abbastanza lunga, che risale almeno al 1998, con il Manifesto dell’acqua promosso dal “gruppo di Lisbona”, un comitato di accademici e ricercatori sostenuti da alcune personalità politiche, tra cui Mario Soares, già presidente del Portogallo.
I referendum sull’acqua saranno sottoposti ai cittadini italiani assieme a un quesito sull’energia nucleare (scheda grigia) che propone l’abrogazione della legge del 2008 con cui il governo Berlusconi ha previsto le nuove centrali nucleari italiane, e di uno (scheda verde) per abolire il “legittimo impedimento”, cioè la norma che “giustifica” il Presidente del Consiglio dei Ministri, unico cittadino a godere di questa eccezione, dal presenziare a eventuali processi che lo riguardino.
I referendum abrogativi sono validi solo se vi partecipa il 50% più uno degli elettori, per questo da diversi anni, sfruttando la crescente tendenza degli italiani a non recarsi alle urne, chi si oppone alle proposte referendarie tende a promuovere l’astensione, come mezzo più efficace di una campagna per il No.
Da qui, anche una forte carenza di informazione televisiva sui referendum del 12 e 13 giugno, un disinteresse tutt’altro che innocente, che maschera il sostegno non dichiarato al No del centro-destra e del governo.