Fino a 828 milioni di persone soffrono la fame: è il 9,8 per cento dell’umanità. Il ruolo della pandemia.

La fame, che la comunità internazionale aveva promesso solennemente di sconfiggere, è ancora una realtà per 702 milioni di persone, secondo la stima più prudente; 828 milioni, cioè il 9,8 per cento dell’umanità, secondo la peggiore. Emerge con forza dal report “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo 2022 (Sofi 2022)”, il più autorevole studio sulla fame nel mondo, redatto dalla Fao insieme al Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), l’Unicef, il Programma alimentare mondiale (Wfp) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

L’impatto della pandemia spiegato dal rapporto Sofi 2022

La pandemia è l’evento che ha spazzato via anni di progressi, portando quasi 150 milioni di individui in più a soffrire la fame nell’arco di appena due anni: 103 milioni tra il 2019 e il 2020 e altri 46 tra il 2020 e il 2021. La pandemia ha ulteriormente evidenziato le fragilità dei nostri sistemi agroalimentari e le disuguaglianze nelle società, facendo aumentare ulteriormente la fame nel mondo e la grave insicurezza alimentare.

E il report Sofi 2022 ancora non può tenere conto delle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina – cioè due dei principali produttori mondiali di cereali, olio di semi e fertilizzanti – né dell’impennata dei prezzi che ne è conseguita. Un’ulteriore emergenza, stavolta geopolitica, che ha infierito su catene di approvvigionamento globali già compromesse dalla pandemia e messe a rischio dagli eventi meteo estremi legati ai cambiamenti climatici.

La fame in Africa, soprattutto

La fame è una realtà per due africani su dieci, per un totale di 278 milioni di persone; per 9 asiatici su 100, cioè 424,5 milioni di persone; e per l’8,6 per cento degli abitanti dell’America latina e dei Caraibi, per un totale di 54,6 milioni di persone. Questi valori sono calcolati sulla stima intermedia, all’interno della forbice compresa tra 702 e 828 milioni di persone nel mondo.

Le previsioni per il 2030 non sono rosee. Vedono infatti un miglioramento della situazione in Asia (con 294,5 milioni di affamati) compensato, però, da un ulteriore inasprimento in Africa, dove si rischia di sfondare il tetto dei 310 milioni di individui che soffrono la fame.

In Italia 1,2 milioni di persone sono rimaste a digiuno

Le percentuali di popolazione alle prese con la fame risultano molto più basse in Oceania (5,8 per cento) ed Europa e nord America, dove si mantengono entro il 2,5 per cento. Ma ciò non significa che il problema non ci riguardi in prima persona, com’è evidente se si analizza l’altro indicatore fondamentale, cioè l’insicurezza alimentare. Quest’ultima può essere moderata, quando si è costretti a ridurre la qualità e la quantità del cibo pur di poterselo permettere, o severa, quando per difficoltà economiche si rimane a digiuno per almeno un giorno.

L’insicurezza alimentare riguarda 2,3 miliardi di persone, cioè poco meno del 30 per cento dell’umanità. Rispetto alla vigilia della pandemia sono 350 milioni in più. E in Italia come siamo messi?, 1,2 milioni di persone versano in uno stato di insicurezza alimentare severa. Si tratta dell’1,9 per cento dei residenti. In Asia tale percentuale sale al 10,5 per cento, in America latina e nei Caraibi al 14,5 per cento e in Africa al 23,4 per cento.

Obiettivo Fame zero, sempre più difficile

Era il 2015 quando i 197 paesi membri delle Nazioni Unite varavano l’Agenda 2030il cui secondo obiettivo prevede di “azzerare la fame, raggiungere la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile”. All’epoca soffrivano la fame circa 670 milioni di persone, cioè l’8 per cento della popolazione globale. Da allora tale numero è rimasto pressoché stabile fino all’anno spartiacque, il 2020. Nel 2021, a poco meno di metà percorso, sono salite fino a un massimo di 828 milioni. Stando alle proiezioni del rapporto Sofi 2022, nel 2030 saranno di nuovo quasi 670 milioni, praticamente come quindici anni prima. Un fallimento su tutta la linea. Cifre che il presidente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), Gilbert F. Houngbo, definisce “sconfortanti per l’umanità”.