Maggiore nemico è il caldo torrido e la siccità. Ma certo poi occorre considerare l’aumento dei costi produttivi
Dai laghi, al Po, fino ai corsi d’acqua minori, con il crollo delle riserve di acqua nazionali a causa della siccità i campi sono allo stremo e hanno già perso in media un terzo delle produzioni nazionali dalla frutta al mais, dal frumento al riso.
È prevista per la settimana entrante una nuova terribile ondata di calore sull’Italia, evento che aggrava l’emergenza raccolti e rafforza la necessità di stipulare accordi di filiera per aiutare le imprese contro gli effetti dei cambiamenti climatici e delle tempeste sui mercati internazionali causate dalla guerra in Ucraina. Subisce la siccità quasi la metà (46%) degli agricoltori italiani per un totale di 332mila imprese con la probabile estensione dello stato di emergenza ad altre quattro regioni (Lazio, Umbria, Liguria e Toscana) come annunciato dal Ministro Patuanelli. Ricordiamo che in questa condizione si trovano Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.
In Italia si registrano cali del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, alveo in cui si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati. L’impatto di caronte è stato piuttosto devastante.
Tutto questo produrrà certamente un aumento delle importazioni dall’estero, ma anche un ulteriore aggravio di costi soprattutto per gli allevamenti, che dipendono dai cerali e dai foraggi per l’alimentazione degli animali. Un’impennata che si aggiunge all’aumento della spesa per energia e materie prime spinto dalla guerra in Ucraina, facendo salire il conto per le aziende agricole alla cifra di oltre 9 miliardi di euro.
Ma non crediate di essere gli unici ad aver avuto un peggioramento; più di 1 impresa agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo le elaborazioni del Crea. Sui campi pesano rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari: si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, a cui si aggiungono rincari di oltre il 30% per il vetro, del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica.
Momento, insomma, molto delicato.