Tra il 2008 e il 2011, l’Etiopia ha ceduto almeno 3,6 milioni di terre, una superficie pari all’estensione di un Paese europeo come l’Olanda. Offrendo altri 2,1 milioni di ettari agli investitori interessati. In violazione della stessa costituzione etiope, e in barba ai diritti umani sanciti sulla carta delle convenzioni internazionali. E’ quanto emerge dal rapporto della organizzazione non governativa Human Rights Watch (Hrw) sulla rapina delle terre in Etiopia, rilanciato in Italia da Slow food.

La ong internazionale riferisce sulla deportazione in corso di circa 70mila persone, strappate con la violenza dalle loro abitazioni e condotte verso fantomatici villaggi senza cibo, terra, educazione e né presidi sanitari. Nel rumoroso silenzio della comunità internazionale. A ciò, continua la denuncia, si assommano abusi fisici, violenze e minacce perpetrate da milizie governative per forzare due interi popoli, le comunità Anuak e Nuer della regione di Gambella, a lasciare per sempre le loro fertili terre e migrare verso l’epicentro della carestia.

Il governo di Addis Abeba ha ceduto in blocco quelle terre a potenze economiche straniere, e deve sgombrarle per adempiere i contratti. I dati del rapporto provengono da oltre un centinaio di interviste raccolte in Etiopia e in Kenya, nei campi profughi di Dadaab e a Nairobi, dove molti deportati di Gambella hanno cercato rifugio. Le testimonianze raccolta parlando anche di omicidi di persone anziane per essersi rifiutate di andare via.