L’albero di Natale pone sempre scrupoli ecologici. Sin da bambini, ci dicevano: riportate l’albero di Natale nei boschi. Poiché le competenze ecologiche non sono di tutti, si trovano a volte scheletri di abeti rossi in boschi mediterranei o di bassa collina, in giardini pubblici o aiuole di pianura, reperti di qualche ingenuo tentativo di “salvare” l’albero di Natale, che ovviamente non ha superato le temperature della prima estate.
Certo, più che strettamente ecologici, dato che in linea generale si tratta di piante nate e cresciute in vivaio, non di abeti sottratti ad ecosistemi naturali, si potrebbe parlare di scrupoli etici ed estetici, ma in effetti far morire l’albero di Natale a gennaio è cosa sgradevole. In alcune città si organizzano sistemi di recupero.
A Roma, l’Ama, l’azienda ambientale pubblica, raccoglierà gli alberi di Natale licenziati dalle famiglie romane dal 7 al 16 gennaio 2012. Il corpo Forestale dello Stato li reimpiegherà. Anche se, per la verità, dopo una cernita, per cui gli alberi considerati non riutilizzabili finiranno invece riciclati in compost, il concime prodotto da rifiuti organici. Sempre più razionale del cassonetto… E sempre meglio che l’albero artificiale, che è di solito composto di materiali plastici difficilmente riciclabili, che richiedono il conferimento ai centri di raccolta comunali (ma quanti hanno voglia di farlo ?).
In questo caso, buttare nel cassonetto l’albero di Natale sintetico vuol dire produrre davvero inquinamento. La scelta più opportuna per l’albero natalizio è la cosiddetta “punta”, cioè la punta senza radici prodotta appositamente in vivaio, o anche quello fatto con semplici rami. In questi due casi, non avremo lo scrupolo di distruggere un albero “vivo”, e potremo liberarci serenamente della punta o dei rami. Ovviamente, rispettando le regole della differenziata