AOSTA – Risorse e politiche adeguate ed urgenti per salvare la montagna italiana dalla “scomparsa”. E’ il messaggio che sintetizza il convegno “Il buon governo della montagna”, che s’è svolto nei giorni scorsi ad Aosta presso il palazzo della Regione.

Il quadro è chiaro: il 35% del territorio italiano si trova sopra ai 600 metri sul livello del mare. Cioè è territorio montano. Montagna che vale il 27,9% dei produttori italiani di generi agroalimentari Dop, Igp e Stg. Ma la montagna non beneficia delle risorse equivalenti e, ad esempio, non ha un “ministro della montagna”. Insomma la montagna italiana “pesa” meno rispetto alla superficie che occupa e soprattutto dell’importanza che riveste dal punto di vista ambientale. Così i territori montani si stanno svuotando di abitanti e di imprese, perdono di redditività portando alla morte della montagna.
“Negli ultimi anni il governo italiano si è dimenticato della montagna – ha sottolineato il presidente dell’Uncem, Enrico Borghi. “Il nostro è un sistema duale dove le Regioni fanno la loro parte mentre si nota l’assenza da parte del governo. L’autonomia dei territori e il federalismo sono argomenti di attualità, ma nei fatti questa autonomia dei territori montani è inesistente; non ci sono investimenti nelle aree montane; e laddove questi investimenti ci sono i benefici fiscali non restano in queste zone”. Polemico anche Augusto Rollandin, presidente della Regione Valle D’Aosta. “La competitività non può essere l’unico parametro per valutare l’importanza della montagna – ha detto – al pari di un territorio ad alta produttività come la pianura. Dal valore della montagna non si può scorporare l’aspetto ambientale. La montagna lancia un serio grido d’allarme, le condizioni di vita in montagna stanno peggiorando di anno in anno, ed il turismo da solo non basta. Europa e governo nazionale devono ascoltare i bisogni della montagna”.
Rosanna Zari, vicepresidente del Conaf, ha ricordato le novità della prossima Politica agricola comune: “Dalla prossima Pac – ha detto in sintesi – emerge un ruolo più rilevante dell’agricoltura nei singoli territori, un’agricoltura che dovrà principalmente produrre cibo e che vedrà premiata la produzione di servizi collettivi soprattutto nei territori cosiddetti marginali. La Pac sarà un politica dinamica in grado di adeguarsi ai cambiamenti e deve continuare a farlo per vincere le sfide future non solo degli agricoltori, ma di tutti i cittadini dell’Unione europea”.
“Se c’è un’assenza della politica della montagna c’è un’assenza della politica agricola – ha confermato il presidente del Conaf, Andrea Sisti. “Dobbiamo fare emergere quelle che sono le buone pratiche, mettere a sistema quelle che sono le realtà locali, per modificare una quadro legislativo nazionale, prima a supporto della politica agricola e poi della montagna. Un Paese deve avere una propria politica nazionale, esaltare le proprie diversità. Siamo il Paese col più alto numero di Dop e Igp, ma bisogna ricordare che è in discussione al Parlamento il nuovo pacchetto qualità dell’Unione europea, che introduce i prodotti di fattoria e i prodotti innovativi all’interno dell’azienda stessa, ma di questo non se ne discute. Il prossimo strumento finanziario Pac 2014-2020 servirà per portare le risorse in questa direzione, verso chi investe nel territorio e per il territorio”.
“Fondamentale il binomio turismo e governo del territorio – ha aggiunto Giuseppe Isabellon, assessore all’agricoltura e risorse naturali della Valle d’Aosta . “Serve una collaborazione fra tutti gli attori per migliorare la redditività serve il chilometro zero anche nei rapporti fra produttore e consumatore”.
Del resto il quadro economico e produttivo dei territori di montagna conferma il binomio tra cultura montana e qualità. Dalla Fontina al Lard D’Arnad (Valle d’Aosta), passando per la Breasola della Valtellina (Lombardia), lo Speck dell’Alto Adige o la Toma piemontese, le Dop dell’arco alpino italiano sono ricche di storia e di rispetto internazionale.
Ma quanto è il reale peso delle aree montane delle filiere Dop, Igp e Stg (ovvero i tre marchi collettivi per la qualità dell’agroalimentare)? In montagna ci sono 21.594 produttori, pari al 27,9% sul totale nazionale (-3,1% 2009/2008) e 1.169 trasformatori, il 19,3% (-3,5% 2009/2008); ci sono 8.997 allevamenti (il 19% del dato nazionale) con una diminuzione dell’8% nel periodo 2009/2008; mentre gli impianti di trasformazione nelle aree montane sono 1.738, il 18,5% (-2%). A crescere sono le superfici (+ 0,9% 09/08) pari al 23,8% sul dato nazionale per 32.997 ettari coltivati. I dati sono stati resi noti da Simonetta Mazzarino, ricercatore presso Deaifa della facoltà di Agraria dell’università di Torino, che ha illustrato le peculiarità della valorizzazione dei prodotti di qualità a sostegno dei territori di montagna.
“Valorizzazione è importante – ha detto la Mazzarino – per far diminuire la distanza fra produttore e consumatore; non può mancare la qualità e poi investire in maniera integrata nel marketing evidenziando brand e i marchi di qualità a disposizione”.
Non mancano esempi virtuosi di valorizzazione dei prodotti di qualità agroalimentari come ha ricordato il dottore forestale Stefano Lunardi, che ha evidenziato come nell’esperienza della Val d’Ayas (in Valle d’Aosta) la filiera corta abbia rappresentato un’opportunità per l’agricoltura di montagna. Il “Progetto Pasto”, inoltre – illustrato da Valerie Mieville-Ott, etnologa, – è un un sistema di pratiche agricole innovatrici per le regioni di montagna.