Lo stare di più in casa costringe a rivedere la spesa e le preferenze alimentari. Ma gli italiani si stanno per scontrare anche con possibile minore disponibilità economica
Tra le conseguenze di 10 mesi di pandemia globale ovviamente dobbiamo annoverare i maggiori incassi realizzati dalla Gdo. Ma ora quest’effetto benefico potrebbe ridursi. Anzi è proprio ciò che gdo ed analisti si attendono da qui a brevissimo. Perché subentreranno due fattori, uno psicologico (sembrerebbe, il condizionale è d’obbligo, che stiamo andando verso una fese di indebolimento del virus) ed uno finanziario, ovvero la minore disponibilità di denaro nelle tasche degli italiani, a causa di aziende che chiudono, ridotti scambi commerciali, rivisitazione delle proprie necessità, costretti come siamo a fronteggiare soggiorni in casa sempre più lunghi.
Dopo 12 mesi (e un Natale) positivi, dunque, le previsioni per le vendite 2021 della Gdo sono negative. Secondo un’indagine Coop e Nomisma, quest’anno, si stima una flessione del fatturato della rete fisica della grande distribuzione del 2,6% (-1,6% se si considera anche l’e-commerce). I punti più critici per la filiera alimentare sono, soprattutto, la minaccia della crisi economica e dei suoi effetti negativi sulla domanda finale (il 27% prevede un calo negli acquisti di prodotti alimentari o del largo consumo). Andamento in controtendenza nella rete fisica solo per discount (+1,8%), specialisti drug (+2,9%). Come tradizione, in maggiore difficoltà sarà certamente il Sud, mentre sarà meno pronunciata la perdita delle regioni settentrionali anche grazie alla forte ulteriore crescita dell’e-commerce che si concentra proprio in quei territori.
Ma quanto è importante la spesa alimentare? Assieme alla salute e alla casa, il cibo rimane l’ultimo argine alla riduzione dei consumi rispetto al periodo pre-Covid. Il 2021 sarà per molti un cibo sobrio (se per il 71% del campione questa voce di spesa rimarrà stabile, un 15% intende risparmiare). Continua, secondo l’indagine, l’onda lunga dello “slow cooking” la nuova strategia degli italiani per spendere meno, acquistando più ingredienti di base e meno piatti pronti, e contemporaneamente difendere qualità e salubrità del proprio cibo spesso cucinandolo da sé (il 30% già ad agosto prevedeva di dedicare più tempo alla preparazione dei pasti). Inoltre, gli acquisti si concentreranno maggiormente sugli alimenti prodotti con materie prime italiane e naturali/sostenibili (rispettivamente il 53% e il 48% del campione ritiene che queste categorie registreranno le migliori performance rispetto all’anno precedente) oltre che con ingredienti freschi (in crescita per il 52%).
Il concetto di prodotto sostenibile si fa più articolato e al generico rispetto dell’ambiente si affiancano il concetto di produzione locale o legata al territorio (il 50% abbina questo tema alla sostenibilità) e una filiera controllata (49%). Compare anche il principio della giusta remunerazione per i vari attori della filiera (la cita abbinata alla sostenibilità il 47% del campione).