Seguendo un trend che riguarda ogni forma di produzione, anche il pranzo di Natale risentirà della crisi inflazionistica del momento

Purtroppo dobbiamo prenderne atto; quest’anno l’agnello sulle tavole, nelle sue infinite e gustose declinazioni, il giorno di Natale costerà di più per via dell’ormai noto inasprimento di costi di produzione che gli allevamenti italiani stanno fronteggiando. 

L’analisi dei costi aziendali di Ismea

Secondo le ultime rilevazioni di ISMEA, condotte su un campione di allevamenti di pecore di razza Sarda che allevano l’agnello sardo IGP, nel 2022, il costo di produzione dell’agnello (esclusi ammortamenti e interessi sul capitale) è risultato mediamente pari a 5,11 €/kg peso vivo al netto di IVA, evidenziando un incremento del 10% rispetto a quanto si verificava soltanto un anno fa.

Perché i costi crescono

L’aggravio dei costi è stato determinato non solo dalla spinta inflazionistica conseguente alla crisi energetica, ma anche dagli eccezionali andamenti climatici che hanno ridotto la disponibilità di foraggi innescando una forte spinta al rialzo dei prezzi per i prodotti necessari a integrare l’alimentazione delle pecore, una dinamica simile a quella che sta vivendo la zootecnia bovina.

I rincari più significativi sono stati registrati dalle spese energetiche (+48% tra il 2022 e il 2021) e dalle spese di coltivazione (+18%), soprattutto per i fertilizzanti (il cui processo produttivo è fortemente dipendente dall’impiego di gas); ma l’impatto maggiore è stato determinato dalle spese per i mangimi e soprattutto foraggi (rispettivamente +6% e +54%), che gli allevatori hanno dovuto necessariamente acquistare per sopperire alla carente disponibilità causata dalle sfavorevoli condizioni meteorologiche (siccità). La componente preponderante del costo di produzione dell’agnello è ancora rappresentata dalla manodopera (inclusa quella familiare), che presenta un’incidenza media del 43% e ha registrato un lieve incremento nel 2022 (+2% rispetto al 2021).