Una breve guida per comprendere gli assi portanti del più ingente programma di stimolo all’economia del Paese dalla seconda guerra mondiale. Per l’Italia vale ben 220 miliardi di euro e si snoda lungo sei direttrici

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il celebre Pnrr, è stato orami inviato dall’Italia alla Commissione europea. Ma esattamente cosa prevede e perché è stato chiamato il “Piano Marshall” europeo?

Il Pnrr è un piano di investimenti che gli stati dell’Unione devono presentare per accedere alla risorse del Recovery fund. Il Piano si inserisce all’interno del programma Next generation Eu, il pacchetto da 750 miliardi di euro stanziati dall’Unione europea, da dividere tra i diversi Stati membri, anche sulla base dell’incidenza che il Covid-19 ha avuto su ciascuna economia interna. La Commissione in due mesi di tempo valuterà i piani di spesa dei singoli Stati. Ma l’approvazione finale arriverà dal Consiglio europeo, con cui arriverà anche il via libera alla prima tranche dei fondi, che presumibilmente potrebbe arrivare tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno.

Il documento elaborato dal governo italiano contiene un dettagliato resoconto delle riforme che l’Italia intende avviare, da qui al 2026, per risollevare l’economia interna dalla crisi provocata dalla pandemia da coronavirus. In definitiva, il Pnrr risponde alla domanda: cosa si vuole fare con  soldi in arrivo dall’Europa?

L’Italia è il primo beneficiario degli aiuti europei, lo stanziamento sarà di 191,5 miliardi di euro, divisi tra prestiti e finanziamenti a fondo perduto, a cui si aggiungono i 30 miliardi di un fondo complementare – finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile –, per una dotazione complessiva di 221,5 miliardi.

L’Italia potrà disporre delle risorse fino al 2026, data entro cui il pil nazionale, secondo le previsioni del governo, sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto allo scenario di base. Un obiettivo davvero ambizioso, considerando che il paese dovrebbe crescere a un ritmo che non è stato in grado di mantenere negli ultimi decenni.

Il piano include un corposo pacchetto di riforme, che toccano, tra gli altri, gli ambiti della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza. Le riforme da attuare e i relativi investimenti sono organizzati in sei missioni, suddivise per aree tematiche, e 16 componenti.

Le sei missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.

Per la “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura”, sono previsti stanziamenti per 49,2 miliardi e i suoi obiettivi sono promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura. Per la missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, vengono stanziati 68,6 miliardi e si punta a migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. Da qui gli investimenti e le riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, che mirano a raggiungere target ambiziosi come il 65 per cento di riciclo dei rifiuti plastici e il 100 per cento di recupero nel settore tessile. La terza missione, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, che stanzia complessivamente 31,4 miliardi, punta allo sviluppo razionale di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese, con importanti investimenti nell’alta velocità.

La quarta missione, “Istruzione e ricerca”, prevede investimenti per 31,9 miliardi di euro per rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico.

Alla quinta missione, “Inclusione e coesione”, sono destinati 22,4 miliardi con l’obiettivo di facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, rafforzare le politiche attive del lavoro e favorire l’inclusione sociale. Due i focus: imprenditorialità femminile e disabilità. Infine, la sesta e ultima missione, “Salute”, stanzia complessivamente 18,5 miliardi con l’obiettivo di rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.


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