Il made in Italy è un brand sempre più apprezzato e dal valore monetizzabile quindi è appetibile e a rischio “appropriazione indebita”.

Le confezioni di prodotti alimentari che fanno esplicita menzione al “prodotto in Italia” e addirittura “prodotto e trasformato in Italia” sono state oggetto di un’indagine accurata. Il made in Italy è un brand sempre più apprezzato e dal valore monetizzabile quindi è appetibile e a rischio “appropriazione indebita”.

L’Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha scoperto, tra le altre cose, che le lenticchie provenivano dal Canada, i pomodori secchi dalla Turchia, i carciofi dall’Egitto e i capperi dal Marocco e in Italia avveniva, solo, il processo di trasformazione e confezionamento. L’azione di contestazione dell’Autority si è basata sul Codice del consumo per il quale la pratica commerciale di un operatore non deve risultare contraria alla diligenza professionale e potenzialmente idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione alle caratteristiche dei prodotti commercializzati.

Le tre ditte interessate nello specifico dalla questione rischiavano una sanzione pecuniaria fino a 5 milioni di euro ma hanno accettato di sottoscrivere un impegno formale per eliminare le etichette contestate e sostituirle con altre dove viene chiaramente indicata l’origine della materia prima distinguendola da quella del luogo di trasformazione.

In particolare la ditta produttrice dei pomodori secchi e dei capperi sotto olio si è impegnata a correggere le etichette e, più precisamente, a mantenere in modo permanente le modifiche, consistenti nella rimozione, dalle etichette, della bandierina italiana e della dicitura Product of Italy; per le referenze “Frutti del cappero” si è impegnato ad eliminare dalle etichette la dicitura “Product of Italy”, a riportare, nella lista degli ingredienti, accanto al lemma “frutti del cappero”, la precisazione “origine: Extra Ue”, collocando la bandierina italiana sotto la lista degli ingredienti, nello stesso campo visivo, a significare il luogo di trasformazione. Tali impegni saranno poi estesi anche alle referenze che hanno le stesse caratteristiche, ovvero quelle in cui è presente un solo ingrediente primario di origine non italiana.

Per quanto riguarda la seconda ditta l’Antitrust contestava le etichette apposte sulle confezioni di spicchi di carciofi in olio di girasole dove sarebbe stato presente “un messaggio pubblicitario che poteva essere ingannevole nella presentazione delle caratteristiche principali del prodotto, con specifico riferimento all’origine geografica”. In particolare, l’immagine di un cesto di carciofi accostata a quella della bandiera italiana e alla dicitura “Prodotto e confezionato in Italia”, riportate sull’etichetta delle confezioni, evocavano una provenienza geografica che non appariva corrispondere al vero, dal momento che i carciofi risultano importati dall’Egitto. In questo caso la ditta si è impegnata ad adottare una nuova etichetta dalla quale viene tolta la bandiera italiana per tutte le confezioni dei prodotti, ad esclusione dei funghi champignons che sono di effettiva provenienza italiana.

L’etichetta contestata al terzo operatore riguardava in questo caso le lenticchie: sulle cui confezioni, scrive l’Antitrust, ci sono “messaggi pubblicitari che potrebbero essere ingannevoli nella presentazione delle caratteristiche principali dei prodotti, con specifico riferimento all’origine geografica”. Più precisamente, le modalità di presentazione del prodotto, attraverso i segni grafici, i colori e la denominazione “Colfiorito”, potrebbero essere idonee ad evocare la provenienza geografica (italiana) del prodotto, in presenza di indicazioni inadeguate circa l’origine canadese delle lenticchie”. Anche in questo caso la ditta si è impegnata a modificare le etichette inserendo sul retro, che già reca tutte le indicazioni obbligatorie per legge, un rimando diretto alla collocazione dell’indicazione dell’origine della materia prima accanto a quella relativa al lotto e al termine minimo di conservazione. E darà maggiore evidenza all’indicazione dell’origine raddoppiando le dimensioni del carattere rispetto a quelle attualmente in uso e utilizzando lo stile grassetto sottolineato per accentuarne maggiormente l’evidenza grafica.

La decisione appena pubblicata apre la strada ad una più semplice difesa del principio dell’origine dei prodotti da indicare in etichetta senza bisogno di ricorrere a leggi e regolamenti comunitari specifici per prodotto, che si risolvono, spesso, solo in inutili polemiche.