Piatti come racconto dei territori e cuochi agitatori culturali; non solo cibo, dunque, ma un concetto rivoluzionario che forse arriva addirittura in ritardo

La candidatura della Cucina Italiana a patrimonio Unesco non giunge inattesa dopo che nel 2010 la Dieta mediterranea aveva conseguito l’ambito riconoscimento. Essa rappresenta più che una sfida, una vera opportunità per il nostro Paese, una grande prova di maturità di un progetto che deve unire i territori e le tipologie di attori, gli chef come i cuochi, i contadini come gli artigiani.

Narrazione e gusto, giusto connubio

Un elemento chiave, spiegano da Via XX Settembre, il racconto di ciò che mangiamo. E qui ci vuole anche l’apporto della narrazione, scientifica e gastronomica, da parte di chi cucina, di chi cesella capolavori.  È il messaggio che deve passare con forza: la cucina italiana è racconto, ambientazione. Messico, Corea, Francia e Giappone sono le uniche cucine che nella totalità o in parte sono patrimonio Unesco. “Non può non esserci l’Italia. I nostri cuochi sono produttori di cultura, storia, estetica, poesia, valori fondanti dell’Italia”, le parole testuali del ministro. La sfida sarà unire l’intera Italia in un unico racconto, partendo ovviamente dalla Dieta Mediterranea.

Il giudizio del Future Food Institute

Uno stile di vita che individua la sua più alta manifestazione nel convivio, sintesi tra creatività e cura – le parole di Sara Roversi, presidente del Future Food Institute e motore della Dieta Mediterranea patrimonio Unesco -.

Un modello di sviluppo che nei secoli, dalla terra alla tavola, ci ha permesso di ereditare una ricchezza di biodiversità e paesaggi unici al mondo e raccontare attraverso i piatti della cucina tradizionale, storie e identità. Il cibo è vita, nutrimento, è veicolo di valori, cultura, salute, il cibo è socialità. Mangiare è un atto essenziale, ma richiede coscienza e consapevolezza. Per noi, la consapevolezza di essere tutti mediterranei. Una sfida chiave per tutta l’Italia.