La Commissione europea ha introdotto dazi che sfiorano il 50% sulle auto elettriche importate dalla Cina. Un danno per la transizione energetica?

Lo scorso 12 giugno, la Commissione europea ha adottato un cospicuo aumento dei dazi sulle auto elettriche prodotte in Cina. Dal 4 luglio, i nuovi dazi hanno un importo compreso tra il 17,4 e il 38,1%, che varierà e che si aggiungerà ai dazi già esistenti del 10% che si applicano a tutte le auto provenienti da qualunque destinazione: potranno quindi arrivare complessivamente al 47,6 per cento sul valore dell’auto.

La misura, che giunge dopo un’indagine antidumping e fa seguito alla decisione storica degli Stati Uniti di introdurli al 100 per cento, intende contrastare i sussidi che il governo cinese fornisce ai propri produttori, ma rischia di innescare una costosa guerra commerciale con Pechino. Il primo effetto sarà un aumento del costo dell’auto lato consumatore, ma si attende la reazione (ritorsione?) cinese.

Dazi, chi sono i favorevoli ed i contrari

La nuova tariffa potrebbe generare entrate per oltre due miliardi di euro all’anno, come anche creare tensioni con il governo cinese. La Germania, la Svezia e l’Ungheria si sono opposte fin dall’inizio a questa decisione, preoccupate per le ripercussioni sulle loro industrie automobilistiche. Tra i principali sostenitori dei dazi, invece, ci sono la Francia e la Spagna.

La Germania, in particolare, teme per i propri produttori, che esportano un gran numero di vetture in Cina. La Svezia si trova in una situazione analoga, dato che Volvo è controllata dalla cinese Geely. L’Ungheria, destinazione privilegiata per gli investimenti cinesi nel settore dell’auto elettrica, condivide gli stessi timori.

Se vogliono bloccare la decisione di Bruxelles, Germania, Svezia e Ungheria devono assicurarsi l’appoggio di almeno altri undici paesi. Repubblica Ceca e Slovacchia potrebbero aggiungersi agli oppositori. Gli stati dell’Unione europea devono pronunciarsi sull’aumento entro il 2 novembre 2024: se approvato, sarà valido per cinque anni.

Dazi, quali effetti?

La motivazione di fondo usata dalla Commissione europea sta nel fatto che i produttori cinesi beneficiano di sussidi alla produzione tali da offrire prezzi inferiori in media del 20% rispetto agli europei. Uno studio dell’Institut für Weltwirtschaft di Kiel ha previsto che un dazio aggiuntivo del 20% potrebbe ridurre le importazioni di auto elettriche cinesi del 25 per cento. Nel 2023, la Cina ha esportato auto elettriche per dieci miliardi di euro in Europa, raddoppiando la sua quota di mercato in un solo anno. Sempre nel 2023, 1 auto elettrica su 5 venduta in Unione Europea era cinese.

L’immediato effetto dell’aumento dei dazi sarà un rincaro delle auto elettriche cinesi e una minore pressione sulle aziende europee. Ma siamo certi che Pechino reagirà riducendo le proprie importazioni dall’Unione Europea, aggravando il conflitto commerciale. Mentre negli Stati Uniti i sussidi per l’acquisto di auto elettriche sono riservati a quelle prodotte internamente, in Europa tali aiuti si applicano anche ai veicoli fabbricati in Cina, riducendo l’efficacia dei nuovi dazi.

Dazi destinati a rallentare la transizione ecologica

L’aumento dei dazi può rallentare l’adozione delle tecnologie necessarie per la transizione energetica, mantenendo in vita i motori a combustione oltre la soglia del 2035 stabilita dall’Ue. Si pensa che la Germania (e magari anche l’Italia) potrebbe utilizzare questa situazione per chiedere un rinvio della scadenza, alimentando la percezione che la transizione verde sia troppo onerosa. Tale percezione ha già favorito l’ascesa di partiti scettici nei confronti dell’ambientalismo, che sostengono che le politiche verdi penalizzino l’industria e l’occupazione, aumentando i prezzi.


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