Negli ultimi cinque anni le emissioni di Google sono aumentate del 50% a causa delle intelligenze artificiali
Le intelligenze artificiali generative continuano a interessare la società e le aziende tecnologiche come Google, anche se rimangono molti dubbi. Tra tutti spicca il tema economico, con sempre più voci che sottolineano la mancanza di entrate, a fronte di investimenti miliardari.
Tra le voci più pesanti per le aziende, c’è la bolletta energetica. Ogni interazione con un chatbot o un’AI generativa consuma una quantità d’energia notevole, che aumenta nei casi in cui gli utenti chiedono di generare un suono, una canzone, un’immagine o un video.
Google, obiettivo emissioni nette zero in pericolo
Il problema smette d’essere aziendale e comincia ad avere una dimensione sistemica, oltre che ambientale. Nel nuovo report ambientale di Google, l’azienda ha dichiarato di avere aumentato le sue emissioni nel corso del 2023 del 13% rispetto l’anno precedente, arrivando a un totale di 14,3 tonnellate di CO2; l’aumentato è del 48% rispetto al 2019.
Google è costretta ad ammettere che il suo “ambizioso piano” per diventare un’azienda a emissioni zero entro il 2030 è in pericolo: “Non sarà facile”, ammette amaramente il documento. Un disastro, insomma, che “è stato dovuto principalmente all’aumento del consumo energetico dei data center e delle emissioni della supply chain”, continua il report. L’azienda non nasconde cosa ha determinato questo picco di consumi energetici (e quindi di emissioni), scrivendo che “la riduzione delle emissioni potrebbe diventare ardua a causa della crescente domanda di energia derivante dalla maggiore intensità di elaborazione dell’intelligenza artificiale”.
Il problema non riguarda ovviamente solo Google. Microsoft (alleata di OpenAI), Meta e Apple hanno grandi progetti in questo settore, e tutte hanno avuto ambizioni ambientaliste, con programmi simili a quelli di Google. Il rischio concreto è che la promessa di diventare carbon neutral entro il 2030, piuttosto comune e diffusa, venga dimenticata e disattesa, sacrificata sull’altare della corsa alle AI a tutti i costi.
La questione ambientale delle AI non si limita comunque solo all’energia che queste consumano: i data center hanno infatti bisogno di enormi quantità d’acqua, che viene usata per lo più per il raffreddamento dei sistemi. Secondo dati citati da Npr, il data center medio consumerebbe più di un milione di litri d’acqua al giorno, o quanto un migliaio di abitazioni statunitensi.
Il settore a un bivio
Nessuna delle scelte è ottimale e all’orizzonte non si vede una terza via o una miracolosa soluzione. Insomma, forse è il momento di aggiungere il folle consumo di risorse ambientali alla lista di problemi etici, come la sistematica violazione del diritto d’autore, legati alle AI.