In occasione della Giornata della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari, il punto sui numeri del fenomeno, sulle cause e sulle possibili soluzioni.
Oggi le perdite e gli sprechi alimentari riguardano, rispettivamente, il 13 per cento e il 17 per cento di tutto il cibo prodotto nel mondo, valori ancora inaccettabili. Secondo una ricerca, il 96 per cento degli italiani è consapevole di questa problematica e due italiani su tre vorrebbero fare una spesa più sostenibile.
Come sta andando
Una piccola evoluzione c’è già stata, in quanto oggi è possibile acquistare frutta, verdura e prodotti da dispensa che vengono scartati dai canali tradizionali di vendita in quanto ritenuti non conformi agli standard, in qualche modo “difettosi”. Ma solo nel 2022, tra 691 e 783 milioni di persone nel mondo hanno sofferto la fame, il 13 per cento del cibo mondiale viene perso tra il momento della raccolta e l’arrivo sullo scaffale, mentre un ulteriore 17 per cento viene sprecato a livello domestico, nel settore della ristorazione e nella vendita al dettaglio.
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ha tra gli obiettivi il dimezzamento dello spreco alimentare globale a livello di vendita al dettaglio e di consumatore e la riduzione delle perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento. Il raggiungimento di questo traguardo ha un ruolo chiave nella costruzione di sistemi alimentari sostenibili perché accresce la disponibilità di cibo e contribuisce alla sicurezza alimentare. Inoltre, ridurre le perdite e gli sprechi alimentari significa anche ridurre le emissioni di gas serra, proteggere gli ecosistemi e le risorse naturali da cui dipende il futuro del cibo.
Per sensibilizzare la popolazione mondiale su questi temi, il 29 settembre di ogni anno ricorre la Giornata della consapevolezza delle perdite e gli sprechi alimentari indetta dalla Fao e dall’Unep. In questa occasione,
Italiani, cosa fare?
Ma cosa ne pensano gli italiani? Secondo i dati emersi dall’osservatorio commissionato a Bva-Doxa, il 96 per cento degli intervistati dichiara di avere una chiara percezione dello spreco e ritiene importante agire come collettività per arginare il fenomeno, ma solo il 41 per cento ne conosce la reale entità. Il 77 per cento degli intervistati è a conoscenza dell’impatto che lo spreco alimentare ha in termini di emissioni di gas serra che agiscono sul riscaldamento globale mentre un elemento di novità dell’indagine 2023 è che 9 italiani su 10 sono consapevoli di quanto gli eventi meteorologici estremi causati dai cambiamenti climatici compromettano i raccolti agricoli generando perdite alimentari.
Perché si spreca il cibo?
Il 78 per cento degli italiani dichiara di prestare molta attenzione e di non buttare quasi mai il cibo, ma il 57 per cento ha dichiarato di aver riscontrato almeno un episodio di spreco alimentare domestico nell’ultimo mese. Si spreca per mancanza di attenzione alla data di scadenza o al deterioramento degli alimenti (59 per cento); per una conservazione poco adeguata dei prodotti nei punti vendita (28 per cento); per la tendenza a comprare troppi alimenti (16 per cento) o in formati troppo grandi (16 per cento) e, infine, per l’abitudine a cucinare cibo in eccesso (14 per cento).
Le soluzioni? Sempre le stesse. Acquistare dai produttori, andare sulla stagionalità, acquistare meno e cucinare di più. Ma ciò si infrange con altre esigenze, i tempi lavorativi, i tempi per gli spostamenti, la cura dei bambini e degli anziani. La questione cibo dunque è legata all’organizzazione della vita contemporanea ed abbraccia dunque tanti altri temi. E’ un’emergenza che non può essere affrontata da sola ma in collegamento con molte altre, altrimenti non ne usciremo.