Presto due nuovi referendum: quello sulla cannabis ha ottenuto 607mila firme, quello per l’eutanasia il doppio.

La tornata elettorale non si è conclusa. Dopo aver eletto circa 1200 primi cittadini, gli italiani saranno a breve, forse, chiamati ancora ad esprimersi su diversi quesiti referendari; uno di questi riguarda la legalizzazione dell’eutanasia, il secondo la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, il terzo infine l’abolizione della caccia.

Per i primi due la soglia minima di 500mila firme è stata ampiamente raggiunta in breve tempo. La campagna per l’abolizione della caccia, partita più tardi rispetto alle altre due, deve invece riuscire a trovare 145mila firme entro il 20 ottobre.

Cannabis, che fare?

Il referendum per la cannabis legale ha l’obiettivo di depenalizzare la coltivazione della pianta e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito. Inoltre il quesito propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida, che oggi si applica a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente.

In pratica, il referendum chiede di intervenire sulla depenalizzazione dell’uso personale: a oggi infatti, nonostante non sia più punibile penalmente, chi detiene piccoli quantitativi di cannabis per sé stesso può subire la sospensione della patente, oltre che del porto d’armi, del passaporto, o del permesso di soggiorno (ma il referendum chiede solo di non sospendere la patente). Inoltre, chi coltiva e produce cannabis, secondo il testo unico sulle droghe del 1990, rischia da 6 a 20 anni di carcere e fino a 260mila euro di multa.

Ma le cose si muovono; poche settimane or sono la commissione Giustizia alla Camera ha dato luce verde a un testo di legge secondo il quale sarà possibile coltivare in casa fino a quattro piantine: da qui a ipotizzare una data per l’approvazione definitiva della legge, però, la strada è ancora lunga.

Le firme necessarie per chiedere il referendum sono state già raggiunte e superate in tempo utile: proprio lunedì 4 ottobre si è chiusa la campagna con 607mila adesioni. Lo scorso 29 settembre il Consiglio dei ministri ha concesso la proroga della data di scadenza per la presentazione delle firme, spostandola dal 30 settembre al 31 ottobre, ma solo perché molti Comuni (circa 1.400 secondo i promotori) non erano riusciti a rispettare i termini di invio dei certificati elettorali dei firmatari, poiché impegnati con i preparativi per le amministrative.

Eutanasia legale

Il quesito nasce dall’esigenza di superare direttamente dal basso le lacune di un Parlamento cui sul tema era stato chiesto di lavorare già da molto tempo.

E non dai cittadini, ma direttamente dalla Corte Costituzionale: il 25 ottobre 2018 infatti la Consulta, chiamata a decidere sul caso di Marco Cappato, il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni incriminato per istigazione al suicidio per aver aiutato Dj Fabo a morire in Svizzera, aveva chiesto al Parlamento di varare una legge sull’eutanasia entro un anno, ovvero entro il 25 ottobre 2019. Sappiamo come è andata a finire; il Parlamento non se ne è occupato affatto.

Nel frattempo, la stessa Corte Costituzionale ha deciso che “non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”, come era nel caso di Dj Fabo.

Con questo intervento referendario l’eutanasia attiva sarà consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla sentenza della Consulta sul Caso Cappato, ma rimarrà punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni.

Il referendum contro la caccia   

È invece ancora aperta, in tutta Italia, la raccolta firme contro la caccia, cui si può aderire anche online. La proposta chiede di abrogare alcune norme contenute nella legge del 1992 sulla protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”, di fatto vietando la caccia su tutto il territorio italiano.
Se approvata, spiegano i promotori, “dovrebbe liberarci dalla presenza dei cacciatori e consentirci di godere a pieno la meravigliosa natura di ognuna delle nostre Regioni italiane senza il timore di uscire feriti, o peggio, da una passeggiata e senza l’inaccettabile annosa devastazione della fauna selvatica del nostro paese”.