BRINDISI – Il progetto Life+ che Legambiente nazionale ha proposto al Ministero dell’Ambiente ed alla Comunità europea, per il tramite del circolo “Di Giulio” di Brindisi e congiuntamente alle associazioni di categoria ed alla new-co Sun Power Energia e Ambiente srl, interessa terreni agricoli abbandonati alla loro destinazione d’uso ed allocati all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) di Brindisi, nell’area agricola posta in prossimità del nastro trasportatore del carbone verso la centrale Enel Federico II.
Tali terreni, oltre a subire le ricadute dei contaminati rivenienti dal polo energetico e da quello chimico, sono abbandonati e quindi soggetti ad un grave rischio di attivazione di fenomeni di desertificazione; tale rischio è amplificato dalla natura geologica dei terreni che individua anche paleodune costiere e quindi una maggiore quantità della componente sabbiosa che riduce sempre più la possibilità del suolo vegetale di arricchirsi di componente umica. I vari studi sviluppati sui terreni agricoli posti nell’area in oggetto hanno individuato la presenza di circa il 35-40% di terreni in stato di abbandono; tra questi vi sono anche quelli interdetti alla coltivazione dall’ordinanza del sindaco di Brindisi numero 18/2007.
Il progetto prevede che tutto il compost di qualità prodotto dal partner Sun Power Energia e Ambiente srl, venga utilizzato per ammendare circa 400 ha di terreno agricolo abbandonato alle coltivazioni e sui quali sono attivi i processi di pre-desertificazione. I terreni saranno scelti tra quelli individuati nel sito Sito di Interesse Nazionale (SIN) per la bonifica, sui quali è stata effettuata una caratterizzazione chimica che ha individuato la presenza di numerosi contaminanti nel primo metro di suolo Il progetto prevede la rinaturalizzazione dei terreni e la contemporanea bonifica dai contaminanti individuati nell’area dai Piani di Caratterizzazione già realizzati e la riduzione/eliminazione dei processi che portano alla desertificazione; in sintesi si prevede di realizzare: – spandimento dell’ammendante prodotto dalla Sun Power Energia e Ambiente srl, costituito da “compost di qualità” proveniente da rifiuti organici prelevati attraverso la raccolta differenziata dell’umido riveniente da raccolta domestica, mercatale, attività agricola, ecc. – semina di colture arboree a ciclo breve (Short Rotation Plants) capaci di possedere anche un buon grado di bio-accumulo e di ricostituire un livello umico in grado di proteggere il suolo dalle azioni desertificanti.
Gli obiettivi che si intendono perseguire sono, se pur in termini sintetici: • la riduzione dei fenomeni di pre-desertificazione che da anni vanno sempre più instaurandosi sui terreni agricoli non più coltivati; • riattivazione di terreni agrari abbandonati mediante un Action Plan che preveda l’utilizzo di “compost di qualità” come ammendante agricolo; • formazione di una Cooperativa di gestione in grado di recuperare a produzioni agricole altamente intensive e migliorare la redditività globale del territorio del Parco delle Saline; • ridurre di almeno circa 30.000 t/a il conferimento in discarica di rifiuti organici e, contemporaneamente, eliminare l’utilizzo di fertilizzanti chimici; • disseminare gli obiettivi del progetto e del suo monitoraggio soprattutto nel mondo agricolo; • ricostituire uno strato di humus in grado di riattivare le produzioni agricole tipiche del luogo riducendo anche la perdita di metano e di CO2 dagli strati di terreno; • rinaturalizzare il paesaggio agricolo con il ritorno a produzioni tipiche ed il miglioramento dell’impatto visivo paesaggistico.
Il progetto, così come impostato ed elaborato con la fattiva collaborazione delle Organizzazioni di categoria, prevede una durata di otto anni, ed un costo globale di circa 3 milioni di euro dei quali il 42 % a cofinanziamento C.E. Anche se la proposta progettuale non ha la certezza di essere accolta, appare rilevante evidenziare quanto la stessa sia stata voluta dalle Organizzazioni di categoria e quanto queste puntino alla rinaturalizzazione ed alla valorizzazione economica di quei terreni che hanno costituito in passato una parte essenziale dello sviluppo agricolo locale; un problema, quindi, che in ogni caso, anche senza l’approvazione del progetto, ha la necessità di essere risolto e non può limitarsi alla realizzazione di una barriera arborea di 20 metri di spessore.
“E’ rilevante evidenziare come i proponenti abbiano anche cercato il supporto morale della Provincia che, presumibilmente, non ne ha saputo cogliere la reale essenza “– sottolinea una nota di Legambiente.