In America l’hanno già ribattezzata “guerra del pomodoro”.

La dichiarazione di guerra è stata fatta da Obama in persona e l’obiettivo è quello di cacciare miliardi di pomodori messicani dal territorio americano che risulta letteralmente invaso.

In sostituzione sono già pronti i pomodori californiani i cui coltivatori sono già pronti a votare Obama alla presidenza degli Usa. A far scattare la battaglia commerciale tra Usa e Messico la decisione americana di porre fine ad un accordo durato 16 anni che sinora aveva mantenuto basso il prezzo dei pomodori messicani.

Da tempo gli agricoltori della Florida spingevano per questa decisione, che dovrebbe essere formalizzata il prossimo anno. L’introduzione di tariffe più alte potrebbe pesare sul paese del Centroamerica che ogni anno copre metà dei consumi di pomodori negli Stati Uniti. Nel 1994 infatti era stato sottoscritto il Nafta, North American Free Trade Agreement (Accordo nordamericano per il libero scambio) in base al quale le merci possono essere scambiate sui mercati senza dazi ed a prezzi concorrenziali tra Canada, Stati Uniti e Messico.

Uno dei paesi che ha tratto maggior beneficio da questo accordo è stato il Messico che nel 1996 firmò con gli Usa il “Patto del pomodoro” in base al quale in questi anni ha importato negli Stati Uniti la metà dei pomodori consumati nei 50 Stati dell’Unione a prezzi molto più bassi di quelli prodotti localmente. Per il Messico, l’esportazione di pomodori negli USA è la spina dorsale dell’economia, con un giro d’affari che interessa il 50% delle coltivazioni e tocca quota 13 miliardi di dollari.

I diplomatici hanno subito manifestato indignazione per la decisione americana. L’amministrazione di Washington ha deciso unilateralmente di interrompere quel patto e di favorire dall’anno prossimo i produttori della Florida che sono stati quelli maggiormente penalizzati. La mossa ha un fine politico oltre che economico: lo stato di Miami è uno di quelli chiave per l’elezione del presidente degli Stati Uniti e con questo atto Barack Obama cerca di convincere gli elettori della Florida a votare per lui rompendo l’incertezza che ancora vige nello stato.

«Se i nostri interessi verranno colpiti, risponderemo a dovere», ha dichiarato Arturo Sarukhan, ambasciatore messicano a Washington. Mentre il sottosegretario al commercio estero Francisco de Rosenzweig fa sapere che «il Messico potrà imporre pesanti sanzioni per la rescissione degli accordi», comprese restrizioni all’import di prodotti Usa per un miliardo di dollari. «Gli Stati Uniti hanno tutto il diritto di stracciare l’accordo – continua Rosenzweig – ma il modo in cui lo stanno facendo non rispetta il protocollo. L’accordo infatti sarebbe scaduto a dicembre. Non solo si sono mossi in anticipo ma lo hanno fatto senza consultazioni». Ancor più critico il segretario del Consiglio Agricolo di Jalisco, Rafael Barrios Dávila. «Questo atteggiamento è ostile – dichiara – e potrebbe essere una strategia per costringerci ad aprire ancora di più ai prodotti Usa, a cominciare dalle patate la cui importazione è stata bloccata per motivi fitosanitari. Ma così non sarà».