Un metodo antifrode per testare l’olio extravergine di oliva in modo più economico e veloce rispetto alle pratiche esistenti tanto che, in prospettiva, potrebbe essere usato direttamente nei punti vendita. A idearlo un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa.

Lo studio è durato circa quattro anni, durante i quali sono stati fatti studi sia sull’invecchiamento che sui trattamenti termici a cui può essere sottoposto l’olio di oliva. I risultati di questa ricerca sono stati appena pubblicati sul Journal of Agricoltural and Food Chemistry.

“Il nostro metodo – ha spiegato Valentina Domenici – permette di quantificare attraverso un processo matematico di deconvoluzione dello spettro di assorbimento UV-visibile, la concentrazione di quattro pigmenti principali dell’olio: luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene. Con pochi e semplici passaggi si inserisce l’olio in una celletta in quarzo e si acquisisce lo spettro che assume una forma caratteristica e fa subito capire subito se l’olio è stato contraffatto o meno”.

I pigmenti infatti, pur rappresentando solo il 2% del totale dei composti presenti nell’olio, sono fondamentali per testarne le qualità organolettiche e rivelare le principali frodi e manipolazioni a cui può esser stato sottoposto. I casi più comuni di contraffazione sono il miscelamento con olio di semi di girasole, la cattiva conservazione in condizioni non ottimali di luce, calore e odori, e il riscaldamento, che di solito viene usato per eliminare quelle sostanze volatili che determinano un odore e un sapore sgradevole dell’olio stesso.

“In tutti questi casi – ha concluso Valentina Domenici – la curva dello spettro che si ottiene cambia sostanzialmente e diventa una spia che svela la frode. Bastano pochi minuti e si ha già il responso, mentre utilizzando le metodologie più costose, le uniche ancora contemplate dai regolamenti dell’Unione europea, ci vogliono in media uno o due giorni di lavoro in laboratori specializzati”.