Saranno impiegati nei campi per le operazioni di raccolta stagionale

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il nuovo Dpcm di programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello stato, fissando a 82.705 la quota annuale in aumento rispetto alle 69.700 dell’anno precedente.

Si tratta del Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri edito sulla G.U. n.21 del 26 gennaio 2023.

I lavoratori servono alle campagne

Le campagne attendono i lavoratori, che ammontano a 44.000 unità (erano 42.000 lo scorso anno); 1.500 posti sono riservati alle nuove richieste di nullaosta stagionale pluriennale, quote che di fatto consentono all’impresa negli anni successivi di non essere vincolata ai termini di pubblicazione in G.U. del Dpcm per avere accesso all’autorizzazione.

Alcune quote sono riservate ai lavoratori di Paesi con cui entreranno in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria, a quelli che abbiano completato programmi di formazione nei Paesi di origine e alle richieste presentate dalle organizzazioni professionali dei datori di lavoro che assumono l’impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione dei lavoratori. La vera novità di questo provvedimento è data dal consolidamento e dalla riconferma del rilascio di quote di ingresso riservate alle Associazioni di categoria per i propri associati nella misura di 22.000 unità (erano 14.000) a dimostrazione del fatto che i tempi sono maturi per rendere strutturale la norma sperimentale introdotta dal decreto semplificazione (Dl 73/2022).

Il nuovo Decreto è anche l’occasione per sperimentare il superamento del nullaosta, sostituito da una comunicazione allo sportello unico per l’immigrazione da parte del datore di lavoro contenente la proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

Le modalità da rispettare

Si prevede che il datore di lavoro interessato abbia previamente verificato presso il centro per l’impiego competente dell’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale prima di assumere lavoratori non comunitari dall’estero. Una norma che in agricoltura rischia di trasformarsi in un appesantimento burocratico per le imprese costrette a fare i conti nei campi con le esigenze di tempestività imposte dai cambiamenti climatici e dalla stagionalità delle produzioni.

In Italia un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere con 358mila lavoratori provenienti da ben 164 Paesi diversi che sono impegnati nei campi e nelle stalle fornendo più del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il Dossier Idos. Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale.

I lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono per la maggior parte provenienti da Romania, Marocco, India e Albania, ma ci sono rappresentanti di un po’ tutte le nazionalità. Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli.


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