Sempre più italiana la pasta nel mondo.
Secondo Aidepi, l’Associazione delle industrie del Dolce e della pasta Italiane, in 20 anni è raddoppiata la quota di export della pasta made in Italy, passata da 740mila a 2 milioni di tonnellate. Sono già 200 i paesi dove si consuma la pasta tricolore, e 1 piatto su 4, ben il 25% del totale, è italiano. E il bilancio della pasta italiana sorride anche nei primi 7 mesi del 2018. In Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, prime 4 destinazioni dell’export di pasta, con un peso di circa la metà sulla quota export totale, la crescita media delle esportazioni è stata del +8%, con punte del’11% in Francia.
Allargando lo sguardo ai 5 continenti, le performance più rilevanti si registrano in Olanda, Polonia, Arabia Saudita, Australia, Corea del Sud e Ecuador.
La tipologia di pasta italiana più consumata è, naturalmente, quella di semola di grano duro, il formato più amato gli spaghetti. Ma accanto alla tradizione è boom delle tipologie legate a benessere e salute, con cui i pastai italiani puntano a consolidare la loro leadership: ed ecco la pasta integrale, biologica, senza glutine o con l’aggiunta di altri ingredienti, come legumi, spezie e superfoods (ceci, lenticchie, curcuma, grano saraceno, sorgo, amaranto, teff, etc).
E in patria? Ci confermiamo i maggiori consumatori al mondo di pasta (23kg pro-capite/anno), dove la mangiano tutti, o quasi (99%) i nostri connazionali, in media circa 5 volte a settimana. Con una curiosità: il 46% la considera come l’alimento preferito, per ragioni di gusto o di salute (Dati Doxa-Aidepi). E infatti, nell’ultimo anno le varianti salutistiche di pasta (integrale, bio, senza glutine, kamut, farro, con semole speciali, etc) hanno mostrato tassi di crescita vicini al 12%, con punte del 18% nel caso della pasta integrale. Anche se nei volumi il peso della pasta di semola tradizionale rappresenta ancora l’85% del mercato