Il bracciante indiano, 31 anni, deceduto dopo aver perso un braccio
Un’altra vita spezzata, un’altra tragedia che sarebbe stato facile evitare. Il nuovo, drammatico, episodio riporta, per l’ennesima volta, in primo piano il dibattito sul caporalato. L’ultimo a perdere la vita sul lavoro nei campi, a soli 31 anni, è stato il bracciante di origine indiana Satnam Singh.
Il giovane operaio è morto ieri mattina, due giorni dopo che un macchinario avvolgi-plastica gli aveva tranciato di netto il braccio. Satnam, chiamiamolo almeno con il suo nome, lavorava in un’azienda agricola nel borgo Santa Maria, in provincia di Latina.
Secondo la cronaca, Singh non aveva alcun contratto di lavoro e – privato di ogni soccorso – sarebbe stato abbandonato insieme alla moglie davanti alla sua abitazione con il braccio tranciato, poggiato in una cassetta utilizzata per la raccolta degli ortaggi. Il bracciante è deceduto dopo essere stato portato d’urgenza in eliambulanza all’ospedale San Camillo, a Roma, dove era ricoverato in prognosi riservata. Sull’episodio, indagano i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina, insieme al Nil di Latina e al personale Spresal dell’Asl, che intendono far luce anche sulla regolarità della posizione lavorativa dello sfortunato bracciante.
La vicenda ha suscitato cordoglio e forti discussioni in ambito politico e sindacale. “È inaccettabile che, in un contesto di emergenza, a Satnam Singh non sia stato garantito il soccorso immediato e adeguato, ma sia stato scaricato fuori dalla sua abitazione, privato della dignità che ogni essere umano merita”, le parole del sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze Sandra Savino.
“Quanto accaduto a Latina è un atto barbaro e una tragedia che desta un profondo dolore, un terribile episodio che ci spinge a non abbassare la guardia contro l’odioso fenomeno del caporalato, per fermare chi specula sul lavoro altrui, perché episodi del genere non devono più ripetersi”, ha poi sostenuto il sottosegretario al Masaf, Luigi D’Eramo, auspicando che “venga fatta piena luce quanto prima” sulla tragedia.
“La storia di Singh è la fotografia più cupa di quel pezzo di economia criminale fondata sull’abuso e sullo sfruttamento dei lavoratori più deboli e ricattabili, che dobbiamo sradicare con decisione e senza compromessi”, l’affermazione del viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, confidando che “si faccia al più presto luce sulle responsabilità per questa morte assurda ed evitabile, rinnovando l’impegno del Governo a collaborare con le autorità per fare chiarezza, ma anche attraverso nuove e più incisive azioni predisposte dal Tavolo sul caporalato, insediato al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali”.