Gli italiani tagliano del 31% gli acquisti di pesce fresco anche a causa dei rincari con i costi per le imbarcazioni, purtroppo raddoppiati a causa di guerra e caro energia. Il dato è stato rilevato in occasione della Giornata Mondiale della Pesca, sulla base dei dati ismea relativi ai primi nove mesi dell’anno.

Lo stato della pesca italiana

Un appuntamento importante per un settore che attraversa una brutta crisi a causa dell’esplosione dei costi energetici, con il prezzo medio del gasolio per la pesca che è praticamente raddoppiato rispetto allo scorso anno, costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite e favorendo le importazioni di pesce straniero.

L’incidenza del carburante sull’attività ittica

Fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante. Non a caso gli arrivi di prodotti ittici dall’estero sono aumentati del 27% in valore nei primi sette mesi del 2022, secondo un’analisi su dati Istat. Un trend che va a peggiorare ulteriormente una situazione in cui la produzione nazionale di pesce ammonta a circa 180mila tonnellate, mentre le importazioni di pesce fresco e congelato sono di circa 840mila tonnellate l’anno. 

Le decisioni della Ue

Ma pesano anche le scelte dell’Unione Europea che hanno portato a una riduzione dell’attività di pesca per il segmento più produttivo della flotta peschereccia nazionale come quello dello strascico a poco più di 120 giorni, pari ad un terzo delle giornate annue, portandola di fatto sotto la soglia della sostenibilità economica. Il risultato è che nello spazio di una generazione la flotta italiana si è ridotta di un terzo, scendendo ad appena 12mila unità, con un numero di quasi 30mila addetti.