Il riso rappresenta il secondo alimento consumato a livello mondiale dopo il frumento
La classificazione italiana ne prevede quattro tipi: Comuni (es. Cripto ), adatti per minestre, minestroni e dolci; Semifini (es. Rosa Marchetti, Lido), adatti per risotti e contorni; Fini (es. Ribe, Sant’Andrea), adatti per antipasti, risi in bianco, supplì, timballi, sartù; Superfini (es. Baldo, Carnaroli), adatti per risotti e contorni.
Una particolare tipologia di riso è il Parboiled che viene trattato con il vapore e ciò consente di conservare al meglio le qualità nutrizionali. L’operazione conferisce al chicco un color giallo ambra e, dopo cottura, un riso poco colloso. Una volta scelto il tipo più adatto alle nostre esigenze è importante tener conto di alcuni suggerimenti, diffusi da Primo Mastrantoni dell’Aduc.
“Il riso deve avere un aspetto omogeneo con scarsa presenza di chicchi rotti (si spappolano durante la cottura), assenza di corpi estranei (insufficiente pulitura), non avere cattivi odori (cattiva conservazione), non sfarinare (è vecchio), non essere di colore bianco opaco (insufficiente maturazione), non essere pigmentato (danneggiato da pioggia o grandine), non deve essere di colore scuro (fermentazione dopo raccolta). Il riso tende ad assumere gli odori e l’umidità dell’ambiente circostante per cui va tenuto in un contenitore di vetro chiuso, non va lavato o versato in acqua fredda perché perderebbe parte delle sostanze nutritive. Le frodi più frequenti riguardano la miscelazione di varietà e qualità diverse”.