Oltre alla questione umanitaria ed alimentare, il conflitto russo ucraino ha una dimensione energetica, fattispecie che sta accelerando la transizione energetica

Le vicende belliche stanno facendo comprendere all’Europa che la questione energetica passa anche dalla sicurezza, e viceversa. L’Europa può emanciparsi dalle importazioni di petrolio, gas e carbone dalla Russia anche prima del 2030. Ma per riuscirci deve puntare tutto sul piano REPowerEU, annunciato giusto ieri dalla Commissione. L’esecutivo promette, in tal modo, di ridurre fino a due terzi l’importazione di gas dalla Russia entro la fine di quest’anno e, nel lungo periodo, di aumentare la resilienza dell’intero sistema energetico.

Due i pilastri della strategia REPowerEU. Il primo prevede la diversificazione delle forniture di gas, da un lato implementando le importazioni di gas naturale liquefatto (gnl) e gasdotti da fornitori non russi, e dall’altro aumentando la produzione e le importazioni di biometano e idrogeno rinnovabile. Il secondo pilastro, invece, contempla la riduzione ancora più rapida dell’uso di combustibili fossili in case, edifici, industrie e, più in generale, in tutto il sistema energetico spingendo sull’efficienza energetica, la produzione da fonti rinnovabili, l’elettrificazione del sistema e mettendo mano alle strozzature infrastrutturali.

L’adozione del pacchetto clima Fit for 55 prevede di ridurre entro il 2030 il consumo annuale di gas del 30 per cento, pari a 100 miliardi di metri cubi. Con le misure contenute nel REPowerEU plan in realtà si andrebbe ad evitare gradualmente il consumo di almeno 155 miliardi di metri cubi, equivalente al volume importato dalla Russia in tutto il 2021.

Per assicurare stabilità negli approvvigionamenti, entro aprile l’esecutivo presenterà una proposta legislativa per chiedere che tutti i Paesi Membri riempiano gli stoccaggi di gas di almeno il 90 per cento entro il primo ottobre di ogni anno. La proposta comporterà il controllo dei livelli di riempimento oltre alla creazione di accordi di solidarietà tra gli Stati Membri.

Ma occorre rivolgere la propria attenzione anche ai prezzi. Per contenerne l’impennata, l’UE sta vagliando misure di emergenza come i limiti temporanei. Basandosi sulle relazioni di diverse autorità, inclusa l’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori dell’energia (Acer), sta analizzando benefici e svantaggi di meccanismi di tariffazione alternativi per mantenere l’elettricità a prezzi accessibili, senza interrompere i meccanismi di offerta del mercato e ulteriori investimenti nella transizione energetica.

Garanzia di maggiore sicurezza nella fornitura

“Non possiamo fare affidamento su un fornitore che ci minaccia esplicitamente”, sono state le parole, nette ed inequivocabili della presidente Van der Leyen. Che detta la strategia: “dobbiamo agire ora per mitigare l’impatto dei prezzi dell’energia che stanno aumentando, diversificare la fornitura di gas in vista del prossimo inverno e accelerare la transizione verso l’energia pulita. Più velocemente passeremo alle rinnovabili e all’idrogeno, combinati a una maggiore efficienza energetica, più velocemente saremo indipendenti”. 

Relativamente all’intervento sui prezzi dell’energia domestica, il piano REPowerEU si somma all’Energy Prices Toolbox dello scorso ottobre, varato per mitigare l’impatto dell’impennata dei prezzi sui consumatori vulnerabili. I 25 Paesi che finora si sono allineati a queste indicazioni hanno alleggerito le bollette a oltre 70 milioni di clienti domestici.

L’Unione europea importa il 90 per cento del gas consumato, di cui la metà proviene dalla Russia. Sempre dalla Russia arriva il 45 per cento delle importazioni di carbone e il 25 per cento di petrolio. Oltre alla questione consumi e prezzi ce ne è una a monte, la certezza degli approvvigionamenti. In questo senso la geopolitica sta sostenendo la transizione energetica perché è ormai chiaro a tutti che la Russia potrebbe usare la leva energetica per alzare il livello di scontro con l’occidente.