I suoi nemici sono l’invasione urbana, i pericoli stradali, la caccia. Quindi, l’uomo.

Il capriolo è un protagonista abituale del territorio italiano. Veloci, timidi, refrattari al contatto, ma consapevoli della vicinanza dell’essere umano e delle sue abitudini, i caprioli sono uno dei simboli più noti dell’iconografia animalista. Ma stanno iniziando a diminuire nel territorio per una serie di motivi.

Il timido capriolo e la sua diffusione

Il capriolo è uno degli ungulati italiani selvatici più comuni in Europa. Tra le caratteristiche c’è proprio quella di adattarsi a vivere sia in spazi naturali che in quelli dove la nostra presenza è più tangibile, suo malgrado. Le sue principali zone di diffusione sono le pianure, i rilievi collinari o le montagne poco elevate, caratterizzate spesso da scarso innevamento. Il capriolo è presente ovunque nel nostro paese tranne che in Sardegna e in Sicilia, regioni in cui era stato fatto un tentativo fallimentare di introduzione. Si ritiene, infatti, che la popolazione sia totalmente scomparsa sulle isole.

Nel 1758 Linneo classificò il capriolo (Capreolus capreolus) come appartenente all’ordine degli artiodattili della famiglia dei cervidi (cioè, “animali da palchi pieni e rinnovabili annualmente”, recita la definizione), definendone morfologicamente e geograficamente la popolazione europea. Nel 1925 venne descritta una sottospecie che oggi si localizza prevalentemente nel Gargano, nelle zone vicino a Siena e nel grossetano. “Similmente a quanto accaduto ad altri ungulati selvatici, la crescente antropizzazione delle zone rurali nel passaggio tra l’età moderna e quella contemporanea, ha evidenziato una progressiva e marcata diminuzione sia numerica sia di areale dei caprioli”, spiegano gli esperti di Eliante.

Caprioli, come stanno in Italia?

Il capriolo si trova in una fase di moderato declino demografico. Non bisogna però dimenticare che, come tutti gli ungulati, ha avuto negli ultimi decenni un incremento netto, causato da cambiamenti nell’uso antropico del territorio e a ripopolamenti venatori. La specie soffre certamente della grande avanzata del cervo (soprattutto in montagna) e del cinghiale (in pianura e collina), suoi diretti competitori. Localmente teme anche l’aumento del daino.

L’impressione è che nell’ecosistema sia in corso un complesso adattamento e che nuovi equilibri si raggiungeranno presto fra le specie. L’espansione degli ungulati, sia naturale sia guidata da ripopolamenti venatori, e il ritorno dei predatori all’apice della catena trofica, sono fenomeni ancora relativamente recenti e buona parte degli effetti complessivi di questa rinnovata complessità ecologica saranno ancora da osservare nei prossimi anni.

Le cause del declino del capriolo in Italia

I problemi principali legati alla presenza del capriolo sono fondamentalmente due, l’incidentalità stradale e i danni alle colture. Il territorio della val d’Enza è attraversato da diverse reti viarie, molto trafficate, perciò, nel corso del tempo si è assistito a un notevole incremento dei sinistri stradali che, naturalmente, coinvolgono anche i caprioli. In Italia scarseggiano i corridoi faunistici, presenti invece in altri paesi europei. In queste zone, lungo alcuni tratti a elevato rischio di collisioni, sono stati installati alcuni sistemi di prevenzione, come dissuasori ottici e acustico/visivi sui paracarri siti nelle vicinanze dei punti di attraversamento utilizzati dalla fauna selvatica, che hanno ridotto molto il numero degli incidenti. Per quanto riguarda i danni alle colture, poi, essendo il capriolo un brucatore selettivo, l’ungulato potrebbe causare danni ai germogli delle giovani piantine e provocare la distruzione degli apici vegetativi. In alcune occasioni, potrebbero verificarsi degli scortecciamenti sia a scopo alimentare, sia comportamentale, come azione legata alla marcatura del territorio, quelli che gli studiosi definiscono fregoni. Sui cereali, il capriolo sembra non produrre danni rilevanti da un punto di vista economico. E non risultano a oggi problematiche inerenti la vicinanza alle abitazioni o la presenza di soggetti confidenti.

Ma possiamo però difendere i caprioli in altro modo. Innanzitutto, prestando particolare attenzione quando guidiamo, per evitare impatti. E stando attenti quando si operano sfalci e tagli meccanizzati del foraggio, un’altra delle principali cause di mortalità di questi animali.  In caso di ritrovamento, poi, i cuccioli di capriolo non devono essere né toccati, né prelevati. Essi sfruttano il mimetismo come strategia difensiva, nascondendosi nell’erba alta in attesa che la madre ritorni da loro dopo essersi nutrita. Si tratta di un avvertimento importante in questo tempo di nascite che deve essere ricordato sempre, soprattutto durante gite ed escursioni in zone collinari o montane.