Quante sono le piante presenti sulle Alpi ma estranee alla regione? Quali animali sono stati introdotti deliberatamente o accidentalmente nel Danubio? In quale misura rappresenteranno una minaccia per le specie locali?

EASIN, la rete europea per le informazioni sulle specie estranee inaugurata dal Centro comune di ricerca (CCR), il servizio scientifico interno della Commissione europea, compie un primo passo per rispondere a questi e altri interrogativi in merito alle 16 000 specie estranee rilevate attualmente in Europa. La rete informativa, la prima nel suo genere in Europa, rappresenta una tappa importante per affrontare i rischi derivanti dalle specie estranee divenute invasive. Tali specie rappresentano una grave minaccia per la biodiversità e per le risorse naturali, con un impatto economico stimato attorno ai 12 miliardi di euro l’anno.

Le specie estranee, ovvero gli organismi non autoctoni che si stabiliscono in nuove condizioni ambientali, sono in aumento in tutto il mondo. La maggior parte di esse non comporta rischi significativi per il nuovo ambiente, tuttavia alcune si adattano talmente bene a esso da diventare invasive, passando da semplici curiosità biologiche a vere e proprie minacce per gli ecosistemi, per le colture e per il patrimonio zootecnico locali, compromettendo il benessere ambientale e sociale. Le specie estranee invasive rappresentano la seconda causa principale della perdita di biodiversità dopo l’alterazione dell’habitat.

EASIN semplifica la mappatura e la classificazione di tali specie, indicizzando i dati contenuti in oltre 40 banche dati online. Mediante funzionalità web aggiornate in modo dinamico, gli utenti possono visualizzare e localizzare la distribuzione delle specie estranee in Europa e selezionarle utilizzando criteri che spaziano dall’ambiente in cui esse sono individuate (terrestre, marino o d’acqua dolce), alla classificazione biologica e al loro percorso di introduzione. Il fulcro di EASIN è un catalogo che contiene attualmente oltre 16 000 specie.

L’inventario di tutte le specie estranee rilevate in Europa è stato costituito mediante la compilazione, la verifica e la standardizzazione delle informazioni disponibili online e nella letteratura scientifica. La lotta alle specie estranee invasive è uno dei sei obiettivi fondamentali della strategia UE 2020 per la biodiversità e la Commissione sta elaborando proposte specifiche per migliorare la legislazione del settore. Le specie estranee sono presenti in quasi tutti gli ecosistemi della terra. In alcuni casi esse sono divenute invasive, influendo negativamente sulla flora e la fauna naturali. Tali specie appartengono a tutti i principali gruppi tassonomici, quali virus, funghi, alghe, muschi, felci, piante superiori, invertebrati, pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi.

Le specie estranee invasive possono trasformare la struttura e la composizione di specie degli ecosistemi, limitando o escludendo le specie autoctone direttamente mediante comportamenti predatori o contendendo loro le risorse oppure indirettamente modificando gli habitat o le modalità con cui le sostanze nutritive sono elaborate nel sistema. Tra i danni per la salute umana vi è la diffusione di patologie quali le allergie, tra le ripercussioni economiche si annoverano i danni all’agricoltura e alle infrastrutture, mentre a livello ambientale vi è una perdita irreversibile di specie indigene, a danno degli ecosistemi e della biodiversità su cui esse si basano. Si stima che il 10-15% delle specie estranee individuate nell’ambiente europeo si sia evoluto e abbia avuto ripercussioni ambientali, economiche e/o sociali. Alcune specie quali la panace di Mantegazza, il gambero americano, il mitilo zebrato e il topo muschiato ad oggi hanno un impatto sulla salute umana, causano danni sostanziali alle foreste, alle colture, alla pesca e la congestione delle vie d’acqua.

Il poligono del Giappone, ad esempio, inibisce la crescita di altre piante, causa la scomparsa di piante autoctone e arreca gravi danni alle infrastrutture, con enormi implicazioni economiche. Alcuni studi hanno dimostrato che in Inghilterra, in Scozia e nel Galles solo questa pianta causa 205 milioni di euro l’anno di danni.