Più alimenti semplici e meno trasformati; maggiore spazio alla filiera corta e consumi ridotti per gli alimenti promossi dal marketing delle industrie. Uno sguardo al passato, dunque,  per avere uno stile di vita sano.

Nutrirsi in maniera adeguata vuol dire anche riscoprire alcune tipicità dell’alimentazione tradizionale. «Dovremmo portare più umanità a tavola», esordisce Eduardo Missoni, relatore nel corso della sessione “Multiculturalità: sfide e opportunità in nutrizione e salute” con cui si aprirà la prossima edizione di NutriMI – VIII Forum di Nutrizione Pratica, in programma il 3 e il 4 aprile al Centro Congressi Fondazione Stelline di Milano.

LA NUTRIZIONE NEL MONDO GLOBALIZZATO Con un processo di unificazione dei mercati sempre più veloce, diverse forze globali hanno indotto comportamenti dannosi per la salute, influenzando le politiche nazionali. Anche il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Margaret Chan, ha recentemente sottolineato che «gli sforzi fatti per prevenire le malattie non trasmissibili vanno contro gli interessi commerciali di grandi gruppi economici».

Le risposte, dunque, devono essere globali. «Il potere economico si traduce rapidamente in un potere politico, ma pochi governi privilegiano la salute pubblica rispetto agli interessi delle grandi forze commerciali». Delle nuove sfide della nutrizione nel mondo globalizzato si parlerà nel corso della sessione plenaria di NutriMI. Durante il convegno saranno affrontate tutte le tematiche “calde” ricorrenti nel mondo scientifico che si occupa di alimentazione, nutrizione e sostenibilità: dall’utilizzo di pesticidi e conservanti nell’agricoltura intensiva all’impiego dei conservanti per garantire una migliore shelf-life dei prodotti, dal dibattito sull’introduzione degli Ogm agli effetti dell’inquinamento sulle produzioni agricole e sugli allevamenti.

UNA DIETA “MULTICULTURALE” Nel corso della sessione di NutriMI, si parlerà anche delle opportunità offerte a tavola dall’integrazione di diverse culture alimentari. Una pluralità potenzialmente vantaggiosa, ma che «se non gestita in maniera ideale, può rappresentare un limite», sostiene Vittorio Sironi, dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. «Le difficoltà all’adattamento dietetico, la perdita di identità gastronomica e la moda dei cibi esotici rischiano di rappresentare una confusa serie di proposte culinarie che generano inadeguatezza nella scelte dietetiche».

La globalizzazione alimentare può far perdere i vantaggi legati alla salute, sfavorendo una condizione di equilibrio consolidata nel tempo. La conferma arriva da uno studio appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences che documenta come l’omogeneizzazione delle diete avvenuta nel corso degli ultimi cinquant’anni stia avendo conseguenze negative sull’alimentazione umana e la sicurezza alimentare globale. Oggi le moderne conoscenze sul valore nutrizionale degli alimenti e sui fattori di rischio legate a determinati regimi dietetici costituiscono la base per prevenire molte patologie.

Condotte alimentari bilanciate, atte a limitare l’uso di grassi, di zuccheri e di sale e a contenere al massimo l’assunzione di alcolici, svolgono un ruolo determinante nel contrastare lo sviluppo del cancro e delle malattie cardiovascolari e nel ritardare gli effetti dell’invecchiamento». Il messaggio è chiaro: occorre riscoprire la dieta mediterranea, a cui oggi sembrano aver voltato le spalle anche le Regioni italiane in cui la stessa è nata.

La sessione “Multiculturalità: sfide e opportunità in nutrizione e salute” si concluderà con l’intervento di Carlo Catassi, docente di Pediatria all’Università Politecnica delle Marche, che parlerà dei risvolti locali dell’intolleranza al glutine, la cui incidenza in Italia è in continua crescita.