L’ultimo italiano potrebbe nascere tra poco più di 200 anni

Il tasso di natalità in Italia è il più basso d’Europa, mentre l’indice di mortalità è stimato in continuo aumento. Il saldo annuale della popolazione, da qualche tempo, è negativo. In uno scenario futuro pessimistico, a parità di altre condizioni e proiettando nel futuro le attuali tendenze ventennali, l’ultimo cittadino italiano potrebbe nascere tra poco più di 200 anni e morire tra circa 300.

Lo Studio Ambrosetti

Tale scenario, piuttosto distopico, è lo studio “Rinascita Italia”, presentato da The European House – Ambrosetti in occasione dell’inaugurazione del 49esimo Forum di Cernobbio. Secondo gli ultimi dati Eurostat, il nostro Paese presenta il tasso di natalità più basso d’Europa (6,8 nascite ogni 1.000 abitanti), mentre le stime Istat mostrano che l’indice di mortalità è destinato ad aumentare sempre di più, arrivando fino a 14,8 decessi ogni 1.000 abitanti nel 2050. Una combinazione di fattori destinata a mettere in ginocchio l’intero Sistema Paese.

Per evitare questo futuro le sfide da affrontare sono tante e toccano temi sociali, economici, culturali e politici. Sono fondamentali il ruolo della donna e l’incertezza che comporta avere figli nel nostro Paese. Secondo lo studio, il 55% delle donne tende a considerare la genitorialità come un ostacolo all’occupazione. La cura dei figli e dei famigliari costituisce la causa principale di uscita delle donne dal mondo del lavoro (44%) e le politiche di breve termine introdotte dal Governo negli ultimi anni, come il bonus asilo nido e la certificazione della parità di genere, non hanno avuto grande successo: tra il 2011 e il 2022 l’Italia ha registrato un aumento del tasso di occupazione femminile di soli 4,6 punti percentuali. Per tale ragione, per Ambrosetti è necessario investire in politiche di promozione della genitorialità e di conciliazione tra vita privata e professionale, in modo da favorire la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.

Il ruolo dell’immigrazione

Secondo lo studio, la gestione dell’immigrazione gioca un ruolo fondamentale nella gestione dello squilibrio demografico. La natalità degli stranieri in Italia viene frenata dalla mancanza di integrazione, che si traduce in lavori meno qualificati e in condizioni socioeconomiche peggiori rispetto a quelle dei cittadini italiani (il 44% degli stranieri sono a rischio di povertà ed esclusione sociale). Per questo Ambrosetti indica come priorità la realizzazione di una legge sull’immigrazione che favorisca, oltre agli ingressi, meccanismi di integrazione e mobilità sociale, facilitando magari il riconoscimento dei titoli di studio e delle abilitazioni professionali conseguiti all’estero.

Per favorire la graduale ripresa della natalità, lo studio individua tre campi di azione. Il primo è economico e raffigura investimenti sia in nuove abitazioni facilmente accessibili, sia in servizi a sostegno della genitorialità e della natalità. Le condizioni di precariato (in Italia il 24,4% della popolazione è a rischio povertà, dati Eurostat) e gli affitti sempre più alti gettano l’Italia agli ultimi posti in Europa per condizioni abitative, con un numero medio di 1,4 camere per persona nei centri urbani (dati Eurostat). Per quanto riguarda i servizi, è necessario mettere a terra i 4,6 miliardi di euro previsti dal Pnrr per la creazione di 264.480 posti negli asili nido e prevedere l’estensione del tempo pieno negli stessi e nelle scuole fino a tardo pomeriggio. Lo studio calcola che allineare le spese sostenute dall’Italia per l’erogazione dei servizi a supporto della genitorialità a quelle della media Ue potrebbe costare fino a 22,5 miliardi di euro in più all’anno.

Il secondo campo d’azione è quello medico e prevede un investimento di circa 300 milioni all’anno per l’ampliamento dell’accesso alla Procreazione Medicalmente Assistita. Nel 2020 questa pratica ha consentito la nascita del 2,8% dei bambini italiani, ma costi elevati, burocrazia e barriere ideologiche (nel nostro Paese è ancora vietata a donne single e coppie omosessuali) spingono le famiglie ad andare all’estero.

Infine, per Ambrosetti è necessario introdurre momenti formativi nelle scuole e sviluppare una narrativa positiva sulle potenzialità del Paese, in modo che le nuove generazione siano consapevoli del pericolo demografico e non abbiano timore di creare di un nucleo famigliare.