L’agroalimentare è uno dei settori che meglio ha retto alla crisi: tra il 2007 e il 2013 ha infatti registrato una crescita del valore aggiunto del 6% (a prezzi correnti) contro la flessione, rispettivamente, del 18% e dell’11% registrata nello stesso periodo dal comparto manifatturiero e delle costruzioni.

E’ quanto emerge dal rapporto Agrinsieme-Nomisma presentato nel convegno ‘#campoliberofinoinfondo, ripartire per un agroalimentare competitivo’. Questo non vuole dire – aggiunge la ricerca – che l’agroalimentare non abbia sofferto la crisi: dal 2007 al 2013 i consumi alimentari si sono ridotti, a valori costanti, del 14%, coinvolgendo tutte le categorie merceologiche (cali pesanti anche per pane e cereali, -16% e carne, -14%) mentre sono risultati in controtendenza segmenti specifici di consumo come il cibo bio e gluten free.

Non a caso nell’ultimo triennio gli italiani hanno risparmiato quasi 5 miliardi di euro sulla spesa alimentare – sottolineano Nomisma e Agrinsieme – tramite un radicale cambiamento delle abitudini d’acquisto e quindi un crescente ricorso agli acquisti di prodotti in promozione e una maggiore propensione agli acquisti nel discount.

Fortunatamente – prosegue il rapporto Agrinsieme-Nomisma – la domanda alimentare cresce all’estero, grazie soprattutto alla spinta delle economie emergenti (Brics e altri) e nel prossimo decennio, per esempio, si prevede un raddoppio dei consumi alimentari cinesi, a fronte di una prospettiva di crescita del 10% per l’Italia.