Sostanze antiossidanti dieci volte sopra la norma e non solo, anche tredici antibatteriche e quattro antifungine.
Tutto questo nel miele ottenuto dalle api nere sicule, la specie su cui si sono accesi i riflettori per le sue caratteristiche di adattamento e per non aver subito morie negli ultimi decenni al contrario di tutte le altre sottospecie europee.
Parola della ricerca dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Salerno, pubblicata sulla rivista scientifica “Food and Chemical Toxicology”. Tecnicamente l’ape nera sicula, oggi ribattezzata, ape nera siciliana, è una sottospecie della Apis mellifera, “cugina” della ligustica, la varietà più diffusa in Italia. Se ancora oggi è presente nell’Isola lo si deve all’entomologo Pietro Genduso, docente universitario a Palermo scomparso oltre dieci anni fa e all’apicoltore Carlo Amodeo, grande appassionato di api e allievo di Genduso che ha contribuito alla salvezza della specie dall’estinzione installando alveari prima sull’isola di Ustica successivamente a Filicudi, Alicudi e Vulcano nelle isole Eolie, in modo che l’insetto mantenesse la purezza genetica.
La ricerca scientifica che vanta le proprietà del miele “made in Sicily” è finita nella rivista scientifica “Food and Chemical Toxicology”. A curare lo studio sono stati Gian Carlo Tenore, Alberto Ettore Novellino del Dipartimento di Chimica Farmaceutica e Tossicologia dell’Università Federico II di Napoli e Pietro Campiglia del Dipartimento di Farmaceutica e scienze Biomediche dell’Università di Salerno.
“I risultati ottenuti – spiegano gli autori della ricerca – sulla composizione polifenolica dei mieli di arancio e limone indicano un quantitativo maggiore su quello riscontrato negli altri mieli della stessa tipologia ma prodotti da sottospecie diversa in Sicilia e in altre regioni d’Italia o all’estero, che condividono le stesse condizioni climatiche. E addirittura 10 volte maggiore rispetto ai mieli prodotti in altre aree dell’Isola stessa”. Tutto è cominciato, come racconta il sito on line “Cronache di gusto”, dall’acquisto di alcuni vasetti di miele di Carlo Amodeo che vanta una produzione di venti varietà diversa.
Da qui l’analisi, lo studio e i risultanti eclatanti. Che rischiano di far accendere nuovi riflettori su questa specie che è già finita nel circuito virtuoso di Slow Food tanto da farne un presidio e promuoverla in tutto il mondo come esempio concreto di biodiversità. Oggi tanti altri apicoltori hanno deciso di allevare api nere sicule e produrre miele. Sette sono già in attività ma l’associazione che ha deciso di scommettere su questa specie ha messo su un gruppo di ben 68 apicoltori sparsi per tutta la Sicilia.
“L’eccezionalità dell’ape siciliana – spiega Amodeo – sta nel fatto che la sua docilità e produttività sono innate, cioè sono un fatto del tutto spontaneo insito nel suo dna, perciò in questi venticinque anni di lavoro con questa sottospecie non ho sentito la necessità di interferire sulla genetica-comportamentale, ciò ha certamente contribuito alla sua rusticità, confermata da una varianza genetica superiore a quella di tutte le sottospecie di api del continente europeo, come risulta da numerose ricerche”.
Amodeo contrariamente a quanto viene fatto per prassi procede alla smielatura (il processo di prelievo del miele dagli alveari) ogni dieci giorni e non ogni 40 giorni, ovvero a fine fioritura come accade di solito, consentendo così al miele stesso di non rimanere dentro gli alveari a una temperatura che possa compromettere i profumi e facilitarne l’ossidazione. “In ogni caso – conclude l’apicoltore – per me è importante che mangiare il miele di qualità sia un toccasana per tutti”. C’é da giurare che Carlo d’Inghilterra, già acquirente delle api di Carlo Amodeo per le sue fattorie, adesso si faccia mandare qualche vasetto.