Secondo la federazione dei mugnai, la filiera italiana non può prescindere da mercato libero e internazionale
La contrazione delle quotazioni del frumento duro registrata nelle ultime settimane – dopo che esse avevano raggiunto, nel 2022, picchi senza precedenti dovuti essenzialmente al conflitto nell’Europa orientale, – deve essere contestualizzata al momento attuale, che segna un andamento internazionale ribassista relativamente ai prezzi delle materie prime agricole.
La posizione dei Mugnai italiani
È l’opinione di Italmopa, l’Associazione Industriali Mugnai d’Italia (legata a Confindustria) che rappresenta in via esclusiva l’Industria molitoria nazionale, leader nell’Ue con circa 12 milioni di tonnellate di frumento trasformato in farine e semole destinate a prodotti simbolo del ‘Made in Italy’ alimentare; la filiera italiana del frumento duro opera in un mercato libero e internazionale dal quale non si può in alcun modo prescindere, secondo l’organizzazione.
Da dove viene il frumento che usiamo
Il nostro fabbisogno di frumento duro è necessariamente (e strutturalmente) coperto in misura del 40 per cento circa dalle importazioni (41% è di origine comunitaria e il 59% proveniente da Paesi terzi), anche perché il 60 per cento del volume della pasta prodotta in Italia è destinata ai mercati esteri, sui quali i pastai sono chiamati a confrontarsi con competitors che già attualmente usufruiscono di numerosi vantaggi competitivi.
Quindi, va bene l’auspicabile valorizzazione del grano duro nazionale, ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che da solo non basta ad assicurare le quote di mercato attualmente possedute. È un obiettivo che possiamo raggiungere anche attraverso lo sviluppo dei contratti di filiera che, attraverso un miglioramento della qualità della materia prima ottenuto grazie all’impegno dei produttori agricoli aderenti, hanno consentito, nel corso degli ultimi anni, di annullare o di invertire il precedente gap negativo, talvolta superiore al 30%, tra le quotazioni del frumento duro nazionale e quelle del grano di importazione.
La pasta nostrana, di semola di grano duro, registra i seguenti trend:
- paesi UE 51%: la Germania rappresenta il 40% del mercato europeo e Francia il 21%
- Paesi NON UE 49%: Regno Unito vale il 25%, Usa 23%
Possiamo dunque dire che la pasta è un brand nazionale conosciuto in tutto il mondo.