L’obiettivo era quello di impedire di spacciare come Made in Italy gli alimenti ottenuti da prodotti stranieri.

Sotto la pressione di 1,1 milioni di firme raccolte in sette paesi europei, l’etichetta di origine degli alimenti è stato all’ordine del giorno del Consiglio Agricolo Ue del 16 e 17 dicembre. L’obiettivo era quello di impedire di spacciare come Made in Italy gli alimenti ottenuti da prodotti stranieri. Si tratta di un risultato storico per una petizione che ha avuto il sostegno di numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza anche stranieri: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico e importante sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Fondazione Univerde, a Gaia (associazione degli agricoltori greci) a Green protein (Ong svedese), alle quali se ne sono poi aggiunte molte altre.

Il documento ha avuto il sostegno di Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna che, per rispondere alle aspettative dei consumatori, chiedono una normativa europea stringente sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti in etichetta. Si chiede in particolare che questo obiettivo  possa divenire parte integrante della strategia “farm to fork” del Green New Deal proposto dalla Commissione Europea alla quale si propone di formulare una proposta poiché le norme che entreranno in vigore nell’aprile 2020 non permetteranno un’informazione obbligatoria e completa al consumatore.

Un successo per l’Italia dove è stato raccolto l’85% delle firme con il contributo  di cittadini e rappresentanti delle istituzioni della politica, dello sport, della ricerca e della cultura a partire dal Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova e del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

In Italia vi è attualmente l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.