E’ quanto emerge da una ricerca dell’Accademia italiana della cucina che attraverso le sue 74 delegazioni straniere ha fotografato lo status della gastronomia italiana nei cinque continenti.
La riproduzione pasticciata avviene – spiega l’Accademia – anche perché quasi la metà (47%) dei cuochi che operano nei ristoranti italiani all’estero non sono italiani e solo una piccola parte (9%) di questi ha seguito scuole, stage o tirocini nel Belpaese.
La pizza – prosegue la ricerca Aic – è il piatto più reinterpretato all’estero. A seguire il tiramisù, le lasagne, le scaloppine di vitello e la pasta al ragù. Questa forma di ‘imbarbarimento’ – rileva l’Aic – è diffusa ovunque.
La fusione tra i gusti della tradizione e i sapori locali dà spesso luogo a una forma di cucina ibrida e alla creazione di piatti che, paradossalmente, hanno successo anche se ben lontani dalla tradizione Italiana. Ne è una dimostrazione la cucina all’italiana in Olanda: a L’Aia, nei ristoranti italiani, si possono per esempio trovare nei menu i “pesci al forno col pesto”.
Buone notizie arrivano però dagli Stati Uniti: un piatto ibrido per eccellenza come gli “spaghetti con le meat balls” (polpette), prima diffusissimo, è oggi praticamente scomparso. L’indagine svela anche come la cucina italiana risulti essere la preferita per il 68% dei paesi stranieri, seguita dalla cucina cinese (40%) e dalla francese (38%). Melbourne è la città regina di ristoranti italiani con più di 1000, seguita da Sidney, New York e Montreal con 500. Parigi, con 400 ristoranti italiani, è la culla della gastronomia tricolore in Europa.