Di fronte ad un settore in cui la domanda di prodotti ortofrutticoli è stagnante, il comparto delle produzioni biologiche si è dimostrato in forte crescita, pur non dando soluzione ad una serie di problematiche di carattere tecnico-agronomico che ancora oggi ne condizionano le rese e il raggiungimento di una qualità sempre adeguata.
Molte delle risposte della crescita fatta registrare dal biologico negli ultimi 20 anni le troviamo nell’analisi dei dati statistici, sia a livello internazionale che nazionale, che danno testimonianza dell’evoluzione strutturale del settore. Dal 2012 al 2013, secondo fonti Ifoam-Fibl, la superficie mondiale dedicata al biologico è aumentata di circa 5,5 Ml di ettari, passando da 37,5 ad oltre 43 Ml di ha, mentre i produttori hanno raggiunto quasi i 2 Ml.
Una crescita ancor più importante se consideriamo che parte della produzione biologica proviene anche da superfici destinate a raccolta spontanea, gestione forestale, acquacoltura e pascoli naturali che, a livello mondiale, è calcolata in 35.137.805 di ettari, portando la superficie complessiva a 78.228.918 ha.
La situazione globale – Da una prima analisi dei dati si può notare come strutturalmente l’Oceania sia caratterizzata da un’agricoltura molto estensiva, ove oltre il 40% della superficie è gestita dall’1% degli operatori, mentre molto più intensive appaiono le superfici di Europa, USA e America Latina.
L’Italia gioca un ruolo fondamentale nel panorama internazionale, ed ancor più europeo, riferito al settore biologico; si colloca, per superficie, al sesto posto nella graduatoria mondiale e al secondo posto in quella europea subito dopo la Spagna che, però, è caratterizzata da un’agricoltura molto più estensiva. Il ruolo dell’Italia si manifesta ancor più significativo quando ci si sofferma sulle tipologie dei prodotti ottenuti e sull’incidenza dell’export.
Dal 2013 al 2014 il nostro Paese ha fatto un altro balzo in avanti facendo registrare un aumento della superficie biologica del 5,4%, passando da 1.317.177 a 1387.912 ha, e di un altrettanto 5,8% in termini di operatori che, per lo stesso periodo, è aumentato da 52.383 a 55.433, di cui 49.070 impegnati nell’attività di coltivazione e allevamento. Lo sviluppo del biologico è testimoniato pure dall’incidenza percentuale della superficie utile dedicata sulla SAU totale; a livello mondiale la SAU biologica incide sul totale per poco meno dell’1. Se l’Europa ha una superficie bio intorno al 2,4% sulla SAU totale, l’Ue supera il 4% e l’Italia, nel corso del 2014, ha toccato il 10,8%.
Le superfici ortofrutticole biologiche – Entrando nello specifico dell’ortofrutticoltura, sul piano internazionale la superficie dedicata alle specie di settore ammonta a 1.814.406 ha, con un’incidenza sul totale della superficie a biologico pari al 4,21%. In Europa la superficie dedicata a colture ortofrutticole assomma a 491.903 ha, con un’incidenza sulla SAU biologica pari al 4,77%.
Nell’analizzare la situazione nazionale, la superficie destinata ad ortofrutta biologica, intendendo con questa anche l’aggregato frutta secca e le altre colture permanenti, assommava nel 2014 a 193.007 ha che incidono sul totale della superficie dedicata al biologico per il 13,9 %. Percentuale ben superiore sia rispetto al dato europeo, sia al dato internazionale; ciò conferma la vocazione ortofrutticola di un Paese mediterraneo come l’Italia e un’agricoltura maggiormente intensiva dedicata alla preparazione di prodotti la cui tipicità è riconosciuta in tutto il mondo, essendo il biologico uno degli “asset” che alimenta il “made in Italy” nel mondo.
La superficie ad ortofrutta in fase di conversione, ovvero la superficie che non ha ancora trascorso il periodo di transizione dall’agricoltura “convenzionale” a quella biologica, che per le colture annuali è di due anni e per le colture permanenti di 36 mesi a partire dalla data di ingresso nel sistema di controllo e certificazione, ammonta per 56.160 ha; questo incide, sul totale della superficie biologica, per il 29%. Complessivamente, per tutte le colture, la superficie in conversione sul totale della superficie biologica incide per il 28,8%. Un dato significativo che sta a testimoniare come il tasso di ingresso nel biologico per le nuove aziende sia uguale indipendentemente dagli ordinamenti colturali.
Il fatturato – Sul piano economico, il fatturato globale dei prodotti biologici ha toccato nel 2013 i 72 miliardi di $, contro i 64 del 2012. Tale crescita è stata raggiunta nell’arco di 30 anni ed è estremamente concentrata in due aree geo-economiche quando ormai la produzione è distribuita in oltre 172 Paesi per un mercato la cui domanda incide sui consumi alimentari mondiali per meno dell’1%.
Si può tranquillamente affermare che un piccolo gruppo di consumatori è responsabile della sostenuta crescita del mercato del biologico e la sfida a medio-breve termine sarà quella di soddisfare una crescente domanda che ormai sta iniziando a palesarsi anche in alcuni Paesi tipicamente produttori; l’Italia ne è testimonianza. Ciò porta ad affermare che il fenomeno del biologico e della sua espansione è a tutt’oggi guidato dal mercato e dai consumatori; il mondo della produzione sta ancora “subendo” tale richiesta e con difficoltà sta iniziando a progettare una sua presenza con modelli produttivi ispirati all’innovazione, all’economicità e al miglioramento continuo.
In questi ultimi anni la domanda ha da sempre spinto sull’offerta e non sempre questa è stata in grado di soddisfare la prima causando il differenziale di prezzo, fra biologico e convenzionale, che ha permesso di coprire i maggiori costi di produzione, in parte giustificati, ma in parte anche causati da tecniche di produzione che necessitano di maggiori investimenti in ricerca, sperimentazione, innovazione e divulgazione.
In termini di consumo l’Italia ha assistito ad una domanda interna di prodotti biologici in costante crescita e con un andamento spesso in controtendenza rispetto all’andamento dei consumi in prodotti alimentari. Se il tasso medio annuo di crescita nella GDO è stato del 9%, nello specializzato ci si è attestati intorno al 10-12%. In termini di acquisto il 2014 ha visto la categoria degli ortaggi freschi e trasformati incidere sul totale degli acquisti per il 17,6%, mentre per la frutta fresca e trasformata ha inciso per il 17,8%; valori ben al di sopra dell’incidenza della superficie e della produzione biologiche complessive sul totale del comparto.
Nei primi 6 mesi del 2015, rispetto al primo semestre del 2014, l’incremento delle vendite complessivo è stato del 19,4%, mentre la frutta ha visto un incremento del 13,5% e gli ortaggi del 21,8%. Una conferma dell’interesse del consumatore verso gli ortofrutticoli biologici freschi e trasformati. Il mercato biologico complessivo è stato stimato nel 2014, secondo una ricerca Nomisma-Ismea, intorno ai 3,9 miliardi di Euro, di cui 2,5 sul mercato interno e 1,4 in export (36,6%), con un trend di crescita analogo all’anno precedente (12,6%); si deve tenere conto che nello stesso periodo il valore dell’export alimentare italiano assommava a 34 miliardi di Euro e il trend in export per i prodotti tipici arrivava al 5% rispetto all’anno precedente.
Crescere nel biologico: una sfida permanente – Una crescita significativa che fa ben sperare e che oggi è trainata anche da una maggiore attenzione del consumatore verso prodotti più sostenibili ed in equilibrio con l’ambiente. La necessità di mitigare il cambiamento climatico e, con esso, di garantire la riproducibilità delle risorse ambientali ha posto il settore delle produzioni biologiche in “pole position” rispetto ad altri comparti.
La sfida per il mondo della produzione è duplice; da un lato garantire una crescente domanda di prodotti biologici migliorando le tecniche produttive in modo da accrescere le rese e collocarne la produzione sui mercati più interessanti puntando sulla qualità della medesima; dall’altro orientare la medesima produzione su livelli di sostenibilità misurabili e comunicabili al consumatore. Per questo è essenziale che il settore rinvigorisca ricorrendo all’innovazione e contemporaneamente migliori il livello della comunicazione per intercettare il grande e crescente interesse del mercato e dei consumatori verso il biologico.
Di fronte a scelte politiche mondiali che premiano forzatamente i processi “low input” e ad elevato contenuto ambientale, il biologico deve pianificare la propria presenza nel prossimo trentennio per poter dare una risposta che contemporaneamente soddisfi il mondo della produzione e fornisca risposte sostenibili, sul piano sia quantitativo che qualitativo, al consumatore.