Al via in Amazzonia in negoziato più importante per il pianeta
Dal oggi al 21 novembre Belém, nell’Amazzonia brasiliana, ospiterà la Cop30, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, curiosamente in occasione della ricorrenza del decennale dell’Accordo di Parigi, la COP21. Oggi il mondo celebra l’ennesima allerta, il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, la temperatura media globale ha toccato +1,3 °C e la fiducia nel sistema multilaterale è in crisi.

COP 30, il momento delle responsabilità
La Cop30 nasce per trasformare le promesse in azioni. Le nuove Nationally Determined Contributions (Ndc 3.0), vale a dire i piani climatici nazionali che ogni paese dovrà presentare entro dicembre, dovranno indicare gli obiettivi per il 2035 e includere settori finora ai margini del negoziato. I settori maggiormente in dicussione sono sempre gli stessi, l’agricoltura e le filiere agroalimentari di qualità in primis.
Il bilancio dei nuovi impegni climatici
Secondo l’Ndc Synthesis Report stilato dall’Unfccc, la convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici, le revisioni finora comunicate mostrano una riduzione potenziale delle emissioni di circa il 17% rispetto al 2019, ancora lontano dal −43% richiesto per mantenere vivo l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, che prevede di contenere l’aumento della temperatura globale entro questo secolo di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Anche il nuovo Synthesis Report dell’Ipcc conferma che gli attuali impegni globali porterebbero verso un riscaldamento compreso tra 2,4 e 2,6 °C. Gli scienziati parlano di “ritardo sistemico”: la tecnologia esiste, mancano governance, fondi e decisioni politiche.
Una giornata per le filiere del cibo
Il mondo agricolo arriva a Belém con attese e diffidenze: l’agricoltura e i sistemi alimentari generano oggi il 30% delle emissioni globali ma ricevono meno del 5% della finanza climatica mondiale, secondo Global Citizen. Ma senza un cambiamento strutturale nel modo in cui coltiviamo, produciamo e consumiamo, nessun target climatico sarà realistico. Il settore agricolo è anche tra i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico: siccità, perdita di fertilità dei suoli, migrazioni rurali.
Non a caso, a Belém, per la prima volta nella storia delle Cop, una giornata intera sarà dedicata all’agricoltura e ai sistemi alimentari. L’obiettivo è legare mitigazione, adattamento e sicurezza alimentare in una strategia unica. Su un punto sembra si converga; per trasformare i sistemi alimentari è fondamentale garantire l’accesso all’energia rinnovabile a buon mercato.
L’assenza degli Usa e le ricadute globali
L’assenza di una chiara guida statunitense pesa sulle dinamiche negoziali e potrebbe rallentare l’attuazione delle misure promesse, in un momento nel quale la Cop30 è chiamata a trasformare le parole in politiche reali. Washington non ci sarà e quest’assenza mina alla base sia i possibili risultati dell’assise che il messaggio che questa intende inviare al mondo.
Le aspettative del mondo agricolo
La Fao ha evidenziato la necessità d’indirizzare più fondi per il clima versi i sistemi agroalimentari e di integrarli nelle decisioni che si prenderanno al vertice.

Fondamentalmente, si ravvisano tre differenti fronti; il primo è finanziario poichè servono fondi accessibili, con canali diretti per agricoltori e comunità rurali, non solo per grandi progetti infrastrutturali. Il secondo è politico: includere nei piani climatici misure reali come la riduzione dei fertilizzanti, la tutela dei suoli, il sostegno all’agricoltura familiare, anziché relegarle alle politiche per l’adattamento. Il terzo è energetico: connettere agricoltura e rinnovabili, perché un sistema alimentare decarbonizzato non può poggiare su motori diesel e reti elettriche instabili.
Se la Cop30 riuscirà a intrecciare cibo, terra ed energia in una stessa visione, il settore agricolo potrà diventare protagonista della transizione. In caso contrario, resterà ai margini di un negoziato dove le parole “giustizia” e “attuazione” rischiano di svuotarsi di senso.
Belém è il simbolo di un bivio più grande: o si riconosce che il futuro passa dai campi, o si discuterà di transizione in un mondo che produce sempre meno e si surriscalda sempre di più.