Decisivo il momento negativo per il turismo nelle città d’arte. Fino all’80% di calo del fatturato per i due settori.

Orami è chiaro che niente sarà più come prima. La pandemia Covid – 19, oltre a lasciare dietro di se’ una macabra contabilità, sta uccidendo un intero tessuto economico. Capita infatti che, in ottemperanza alle disposizioni sanitarie, per umana paura e per oggettive difficoltà economiche, il turismo quest’anno sia molto cambiato. In sostanza, le città d’arte, di cui questo Paese è ricco, sono destinate a rimanere deserte, e con esse tutto il particolare indotto, fatto di pernotti informali in strutture extralberghiere e di un certo tipo di ristorazione veloce, che paga anche la cancellazione di tutte le manifestazioni sportive e culturali oltre che quelle religiose come matrimoni e comunioni. Una Caporetto.

Più di 2.000 imprese per 100.000 addetti e 2 miliardi e 200 milioni di fatturato stimato, tanto grandi sono le dimensioni del settore “banqueting e catering” che chiede il riconoscimento dello stato di crisi. Lo chiedono, fra gli altri, le principali organizzazioni sindacali dei lavoratori del turismo.

La richiesta al Governo dello stato di crisi per il settore è frutto della oggettiva e drammatica situazione che ha visto crollare di oltre l’80% il giro d’affari di un comparto che ha nell’incontro in presenza il proprio “core business” e che non ha all’orizzonte, a differenza delle altre attività, alcuna prospettiva di ripresa per tutto il 2020.

Bed and Breakfast, Affittacamere, Case Vacanza, Locazioni Turistiche e Locazioni Brevi coprono come numero di camere il 55% dell’ospitalità Italiana.

Per la loro dimensione, localizzazione, stagionalità e soprattutto giro d’affari, la maggior parte delle strutture extralberghiere opera in forma non imprenditoriale, perfettamente in linea con la legge dello Stato che disciplina le attività saltuarie e pagando le medesime tasse delle strutture imprenditoriali.

Stiamo parlando di strutture regolarmente censite, con una SCIA, che assolvono all’obbligo della segnalazione degli alloggiati alla Polizia, che segnalano i flussi turistici alle Regioni e all’ISTAT, e che ormai nella quasi totalità dei casi ricevono pagamenti tracciabili sulle OTA con una possibilità di evasione minima, inferiore sicuramente a quella fisiologica di tantissime altre attività produttive.

Il settore extralberghiero è quindi un pilastro dell’economia nazionale, che produce buona parte del PIL turistico attraendo milioni di nuovi viaggiatori, così come hanno fatto le compagnie aeree low cost, e generando di riflesso un’economia diffusa e capillare che arricchisce tutto il Paese.

Sebbene il giro d’affari del settore extralberghiero non sia grandissimo, ad esempio quello dei 30.000 B&B Italiani è di soli 350 milioni di euro, l’effetto leva sul PIL turistico è enorme: aerei, treni, autobus, autonoleggi, musei, gallerie, ristoranti, negozi, taxi, guide turistiche, souvenir.

L’extralberghiero per la sua capillarità porta ricchezza in abbondanza anche e soprattutto nell’Italia turistica “minore”, nei borghi, in località che altrimenti rimarrebbero sconosciute, ovunque non è conveniente aprire un’attività alberghiera.

Si aggiunga poi anche l’esclusione dal Bonus Vacanze. Le strutture ricettive che non hanno partita iva, il 70% dei B&B ad esempio, sono state escluse da quello che ci sembra l’unico intervento di sostegno al turismo Italiano.

Dalla categoria ciò viene giudicato come un grave errore per l’economia turistica, e se la crisi dovesse prolungarsi, sicuramente porterà alla chiusura definitiva di moltissime di queste attività.

Il danno che si creerà per l’economia non sarà limitato alla sola scomparsa di queste strutture familiari, bensì ridimensionerà tragicamente quell’incredibile indotto che queste strutture riescono a generare attorno a sé.