La relazione speciale n. 6/2013 della Corte dei Conti europea è intitolata “Misure per la diversificazione dell’economia rurale: gli Stati Membri e la Commissione hanno conseguito un rapporto costi-benefici ottimale?”.
La relazione speciale n. 6/2013 della Corte dei Conti europea è intitolata “Misure per la diversificazione dell’economia rurale: gli Stati Membri e la Commissione hanno conseguito un rapporto costi-benefici ottimale?”.
La Corte ha valutato se queste tre misure siano state concepite e attuate in modo tale da apportare un contributo efficace alla crescita e all’occupazione e se siano stati selezionati, ai fini del finanziamento, i progetti più efficaci ed efficienti. Inoltre, la Corte ha valutato se le attività di monitoraggio e valutazione abbiano fornito dati affidabili, completi e tempestivi per quanto riguarda i risultati delle misure.
L’audit ha palesato che, nel complesso, la Commissione e gli Stati membri sono riusciti a conseguire, solo in misura limitata, attraverso le misure per la diversificazione dell’economia rurale, un rapporto costi-benefici ottimale: gli aiuti, infatti, non sono stati sistematicamente indirizzati ai progetti che avrebbero avuto maggiori probabilità di conseguire le finalità delle misure. Ciò è dovuto all’assenza di chiare esigenze di intervento o di specifici obiettivi stabiliti nei PSR, all’adozione di criteri di ammissibilità generici che non hanno limitato la scelta dei progetti a quelli che con maggiore probabilità potevano realizzare la diversificazione, nonché a criteri di selezione che non hanno portato alla scelta dei progetti più efficaci o che non sono stati del tutto applicati.
Troppo spesso, e in particolare all’inizio del periodo di programmazione, la selezione dei progetti è stata indotta più dall’esigenza di spendere i fondi assegnati che dalla qualità dei progetti stessi. In alcuni Stati membri, quando erano disponibili stanziamenti sufficienti, sono stati finanziati tutti i progetti ammissibili, indipendentemente dall’esito della valutazione che ne era stata fatta. Secondo gli auditor della Corte dei Conti europea, i fondi Ue per la diversificazione dell’economia rurale conseguono, solo in misura limitata, un rapporto costi-benefici ottimale. Spesso, nella selezione dei progetti, gli Stati Ue hanno agito più in base all’esigenza di spendere i fondi assegnati che non a una valutazione dell’idoneità degli stessi progetti di diversificazione.
In alcuni paesi, quando erano disponibili stanziamenti sufficienti, sono stati finanziati tutti i progetti ammissibili, indipendentemente dall’esito della valutazione che ne era stata fatta sul piano dell’efficienza e dell’efficacia. In altri casi, in periodi in cui i finanziamenti erano scarsi, talvolta sono stati respinti i progetti migliori. La spesa dell’Ue relativa allo sviluppo rurale per la diversificazione dell’economia rurale intende affrontare i problemi delle zone rurali quali lo spopolamento, le scarse opportunità economiche e la disoccupazione. Finanzia progetti a favore della popolazione e delle imprese rurali per contribuire a sostenere la crescita, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile.
La spesa dell’Ue prevista per queste misure è ammontata a 5 miliardi di euro per il periodo 2007 – 2013 e 2 miliardi di euro sono stati messi a disposizione dai fondi nazionali dei diversi paesi. L’audit ha riguardato le responsabilità della Commissione europea e sei Stati membri (Repubblica ceca, Francia (Aquitania), Italia (Campania), Polonia, Svezia (Västra Götaland) e Regno Unito – Inghilterra (Yorkshire e Humber).
La priorità assoluta della creazione di posti di lavoro non è stata adeguatamente perseguita. I metodi adottati per il monitoraggio e la valutazione non hanno consentito di ottenere un quadro reale dei posti di lavoro creati e mantenuti attraverso queste misure. Dal campione di progetti controllato è emerso che i risultati da questi registrati in termini occupazionali sono solo modesti. In molti casi, gli auditor della Corte hanno constatato che i progetti sarebbero stati realizzati comunque, anche senza il finanziamento Ue, il che rappresenta un impiego non efficiente dei limitati fondi dell’Unione. I controlli degli Stati sulla ragionevolezza dei costi dei progetti non hanno ridotto a sufficienza il rischio di spesa eccessiva e sono stati rilevati esempi di oneri amministrativi eccessivi e di pagamenti tardivi.