La questione sicurezza degli abitanti della ‘zona rossa‘ attorno al Vesuvio approda alla Corte europea dei diritti umani.
Dodici residenti dell’area più a rischio in caso di eruzione, guidati da Rodolfo Viviani, hanno infatti presentato un ricorso a Strasburgo in cui sostengono che il piano d’emergenza predisposto dalle autorità italiane è inadeguato, e che quindi lo Stato non sta garantendo come dovrebbe la sicurezza dei cittadini.
Secondo i ricorrenti, rappresentati dall’avvocato Nicolò Paoletti, le autorità dovrebbero mettere a punto, nel minor tempo possibile, un piano d’emergenza che indichi nel dettaglio innanzitutto le vie di evacuazione. Dovrebbero inoltre predisporre rifugi, condurre controlli antisismici di tutte le strutture pubbliche, organizzare esercitazioni annuali, e informare con regolarità i cittadini per garantire al massimo la loro incolumità.
Non facendolo, secondo i ricorrenti, lo Stato italiano non sta salvaguardando come dovrebbe la loro sicurezza e quindi sta violando i loro diritti, in particolare quello alla vita. ”Lo Stato, in base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha il dovere di prendere tutte le misure necessarie per ridurre al minimo i rischi che la popolazione corre in caso di calamità naturali, e quindi anche nel caso di eruzione del Vesuvio – spiega all’ANSA l’avvocato Paoletti – Da tutti i dati raccolti e presentati alla Corte risulta però che le autorità non stanno adempiendo a questo dovere”.
Secondo il legale i documenti dimostrano che sia le autorità che la comunità scientifica danno per certa un’eruzione del Vesuvio, una vera e propria ”bomba ad orologeria” secondo la definizione della rivista ‘Nature’. Per di più, ricorda Paoletti, ci sono dichiarazioni, come quelle recenti del sindaco di San Giorgio a Cremano, che sottolineano come allo stato attuale, a causa dell’abusivismo, molte delle possibili vie di evacuazione sono inutilizzabili.
”Questi dati mostrano quanto sia urgente predisporre un piano d’emergenza, ed è per questo che ho chiesto alla Corte europea dei diritti umani di dare la priorità a questo ricorso”, dice l’avvocato, ricordando che i ricorrenti non hanno modo di forzare le autorità italiane a mettere a punto un piano adeguato se non facendo ricorso alla Corte di Strasburgo.