FORLI’ – “Nomen omen” scrivevano i latini. “Nel nome c’è il presagio”. E se l’antica saggezza non mente, le premesse per giocare il ruolo da protagonista ci sono tutte.
Il nome in questione è “Giove”. Nella mitologia il signore di tutti gli dèi. Nell’odierna Romagna del vino, un nuovo prodotto frutto dell’assemblaggio dei sangiovesi romagnoli di collina, con un pedigree da campione, costi contenuti e un prossimo futuro da milioni di bottiglie. Una novità assoluta sul fronte enologico italiano, destinata a lasciare il segno. Protagonisti della scommessa un piccolo esercito di “vigneron” con i filari adagiati a macchia di leopardo sulle colline di ognuno dei terroir romagnoli, da Rimini a Imola, passando per Forlì, Cesena e Faenza. Si tratta di 34 produttori uniti nel neo-costituito consorzio “Appennino Romagnolo”, con sede a Castrocaro di Forlì e lo scopo dichiarato di realizzare un vino di alta qualità ma “easy drink” e “easy pay”. Adatto, quindi, a scalare anche i mercati internazionali. Un vino che riunisce sotto un unico marchio, quello del “Giove”, un sunto del sangiovese romagnolo, riassumendone le caratteristiche e i punti di forza come sommatoria dei migliori vini dei terroir più vocati della Romagna intera. Un vino facile, a costi contenuti, riconoscibile e riconducibile al territorio e soprattutto disponibile in grandi quantità. Una carta vincente che permetterà ai commerciali del consorzio di poter offrire ai buyer esteri, quantitativi significativi di un prodotto omogeneo e riconoscibile per gusto e per marchio, evitando la polverizzazione dell’offerta che fino ad oggi ha penalizzato all’estero la diffusione del sangiovese di Romagna.
Un vino, insomma, per lo più destinato all’esportazione, che non sostituisce però i vini delle singole cantine consorziate. Queste, infatti, continuano a produrre ognuna le proprie etichette per il mercato tradizionale, ma parallelamente conferiscono una parte del loro prodotto per il “Giove”, un sangiovese targato export. Ben sei gli enologi che sovrintendono al progetto, ognuno in rappresentanza di ciascun territorio (Rimini, Forlì, Cesena, Imola e Faenza), coordinati da Vittorio Fiore, protagonista del successo planetario dell’enologia toscana, e da Franco Calini. Questi i loro nomi: Alessandro Arlotti per Rimini, Sergio Ragazzini per Forlì-Cesena, Enrico Salvatori per Ravenna, Alexia Cenni per Imola. Semplice ma ferreo il meccanismo di selezione del prodotto. A inizio anno ad ogni cantina consorziata viene chiesto di indicare vigna, ettolitri e tipologia di vino che intende conferire al progetto “Giove”. Gli enologi valutano i campioni e giudicano se i vini proposti sono all’altezza del progetto. Ricevuto il via libera i campioni conferiti vengono dosati per stabilire le percentuale da utilizzare. In altre parole viene realizzato il blend che darà vita al “Giove” definitivo.
Attualmente sono in fase avanzata le sperimentazioni del nuovo blend di sangiovese realizzato dai vini della vendemmia 2009 delle prime dodici aziende consorziate, con una previsione di produzione di 30mila bottiglie nel prossimo settembre. Per la vendemmia 2010 la produzione salirà a 300mila, fino all’obiettivo della vendemmia 2012 di raggiungere il milione di bottiglie di “Giove Superiore”. Una rivoluzione in piena regola per i numeri dei vini romagnoli. Contemporaneamente seguendo i tempi del disciplinare, al “Giove Superiore” si affiancherà il “Giove Riserva”, mentre è già allo studio un “Giove Bianco” realizzato sempre da vitigno autoctono. Ma le novità però non finiscono qui. Un’altra originalità sta nella commercializzazione dei prodotti che verrà realizzata soprattutto all’estero attraverso una rete commerciale consortile unificata. Oppure attraverso un progetto di filiera corta, utlizzando il concetto di vendita diretta in negozi di proprietà, dove sugli scaffali, oltre al “Giove”, troveranno posto le etichette di ciascun consorziato. In questa direzione c’è stata una sperimentazione commerciale a Riga, nelle repubbliche baltiche, testa di ponte per aggredire il florido mercato russo. In futuro sono previste iniziative analoghe negli Stati Uniti e in Germania.
Ma la filiera corta verrà utilizzata anche in Romagna dove a breve, aprirà un punto vendita nell’Imolese in prossimità del casello autostradale. Uno store che fungerà anche da attrattore turistico, un po’ enoteca, un po’ negozio di tendenza, un po’ punto di ristoro tradizionale. Il consorzio “Appennino Romagnolo”, formalizzato a fine dicembre 2010 con sede a Castrocaro Terme, è costituito da 34 vitivinicoltori di collina. Obiettivo primario del consorzio è accreditare il sangiovese dell’Appennino romagnolo per le sue caratteristiche d’eccellenza.
Oggi il consorzio opera attraverso il consiglio di amministrazione presieduto da Vito Ballarati (Villa Bagnolo) e si avvale di una commissione tecnica di enologi coordinata da Vittorio Fiore. Il consorzio ha inoltre l’obiettivo di potenziare la capacità commerciale dei singoli associati e sta sviluppando iniziative comuni sui mercati internazionali e ha avviato la realizzazione di punti vendita.