E’ la Cina la nuova frontiera per il mercato del vino. Se per l’Europa la tendenza è un mantenimento delle posizioni negli acquisti, secondo le stime di Vinexpo e dell’Iwsr, l’Istituto internazionale di ricerca sul vino e gli spiriti (le previsioni vedono un meno 4,4 per cento nei prossimi quattro anni in Francia e Regno Unito, del 2,7 per cento in Italia, mentre la Germania dovrebbe andare in controtendenza con un più 2,1 per cento, per una media europea di un più 0,4 per cento dal 2012 al 2015), pur rappresentando il vecchio continente ancora il 62 per cento del consumo mondiale di vino, il vero boom è in Cina dove i consumi registrano un tasso di crescita medio del 54,3 per cento.

Interessante anche l’espansione del mercato statunitense di circa un 10 per cento annuo. Insomma, la partita vera si giocherà fuori dai confini europei, guardando soprattutto in Asia e in America. I consumi mondiali dovrebbero aumentare del 6,2 per cento nel quadriennio, raggiungendo i 34,1 miliardi di bottiglie, due in più di oggi.

Gli Stati Uniti costituiscono attualmente il primo cliente in assoluto del nostro vino. Secondo le stime, porteranno il consumo pro-capite fino a 13 litri l’anno per ogni adulto, confermandosi nel 2015 il primo consumatore al mondo. Seguiti da Italia, Francia e Germania; mentre la Cina scalzerà la Gran Bretagna dal quinto posto, con una quantità pro-capite di 2 litri l’anno: non pochi considerando quanti sono i cinesi. Per quanto riguarda le esportazioni, è la Francia a detenere attualmente il primato, con un fatturato per l’export di 6,6 miliardi di euro l’anno.

A seguire l’Italia con quattro miliardi di euro e una performance di tutto rispetto, che ha messo a segno un più 30 per cento dal 2006 al 2010. Il nostro Paese è però primo per l’export in volume, tanto che una bottiglia su cinque nel mondo è “made in Italy”: dopo il più 11 per cento registrato nel 2010, anche nei primi sei mesi del 2011 le esportazioni hanno fatto registrare un rialzo del 16 per cento a livello tendenziale. Ormai le bottiglie nazionali consumate all’estero hanno superato quelle che restano in patria.