Mentre il parlamento italiano è impegnato nella discussione sullalegge anti spreco, ecco un’altra novità che va nella direzione giusta.

Un nuovo modo di riutilizzare frutta e verdura che non può andare andare in vendita poiché non esteticamente perfetta potrebbe essere impiegata per produrre energia, naturalmente rinnovabile.

Infatti, il materiale organico va a finire in discarica e produce pure grandi quantità di metano (gas fortemente climalterante), durante le fasi di decomposizione. Ma ora un gruppo di scienziati sta provando a farne una fonte di energia; alla South Dakota School of Mines & Technology (SD Mines) fanno energia con i pomodori difettosi.

Presso il campus dell’istituto, infatti, è stata realizzata una speciale cella a combustibile biologico ottimizzato, che ha permesso di utilizzare gli elettroni che vengono rilasciati durante l’ossidazione dei pomodori da parte dei batteri, contenuti in uno speciale gel di cui le celle usate erano dotate.

Tutto merito del licopene, idrocarburo appartenente al gruppo deicarotenoidi dalle forti proprietà antiossidanti contenuto principalmente nei pomodori, che si è dimostrato essere un ottimo mediatore in quanto favorisce la generazione di cariche elettriche dai frutti danneggiati.

Nei primi esperimenti da 10 mg di prodotto i ricercatori sono riusciti ad ottenere 0,3 watt di potenza. Non un risultato eccezionale, ma i ricercatori sostengono che sia possibile scalare questa quantità, di diversi ordini di grandezza.

Negli Stati Uniti sono 396 mila ogni anno le tonnellate di pomodoriche vengono scartati e non esiste ancora un processo di trattamento che riesca a recuperarli in qualche modo. Solo con quelli che vanno in discarica in Florida, secondo gli scienziati, con questo innovativo processo, si potrebbe alimentare tutta Disney World per almeno 3 mesi.

Oltre a concretizzare il concetto di economia circolare e a sottrarre tonnellate di metano che verrebbero altrimenti rilasciate in atmosfera, utilizzare questi scarti permette di ridurre al quantità di rifiuti non trattati e di tutelare le acque da una possibile contaminazione causa scarico delle biomasse in luoghi non idonei.