Le api, la cui sopravvivenza è sempre più minacciata dall’uso di pesticidi, dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici, garantiscono la riproduzione del 78% delle specie di fiori selvatici e dell’84% delle specie coltivate nell’Unione Europea. Gran parte della frutta e della verdura consumata nel Vecchio Continente, dunque, dipende dalle api. Il loro declino ha una diretta conseguenza anche sull’economia: la produzione agricola europea resa possibile grazie agli impollinatori vale 15 miliardi di euro all’anno. Sono questi i motivi, ricordati oggi in occasione della Giornata mondiale delle api, per salvarle dall’estinzione, pericolo concreto dei nostri tempi. In questo momento, in Europa, è a rischio estinzione una specie di api su dieci.

Negli ultimi cinque anni in Italia abbiamo perso 200mila alveari, neanche il Bel Paese dunque è immune da questo pericolo.

Per questo anche in agricoltura “è urgente puntare al recupero degli ecosistemi e a superare un modello intensivo basato sull’uso dei pesticidi che mettono a rischio la sopravvivenza delle api e di tante altre specie. È questa la sfida principale per il futuro”, secondo Maria Grazia Mammucini, presidente di Federbio.

Quest’anno si può celebrare la data firmando una petizione speciale: l’Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) “Save Bees and Farmers! Verso un’agricoltura favorevole alle api per un ambiente sano”. La raccolta firme è promossa anche da Cambia la Terra, il progetto voluto da FederBio e sostenuto da Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente e Wwf.

La richiesta è chiara: eliminare completamente i pesticidi di sintesi dai campi entro il 2035 partendo dalle sostanze più pericolose, con un primo step dell’80% al 2030. Ripristinare gli ecosistemi naturali nelle aree agricole affinché l’agricoltura possa diventare una forza motrice per il recupero della biodiversità. Riformare il settore dando priorità all’agricoltura biologica e di piccola scala, diversificata e sostenibile.

L’obiettivo si raggiunge con la raccolta di un milione di firme in almeno sette diversi Paesi dell’Unione.