Spreco alimentare sempre più presente anche in Italia. Nonostante gli oltre 820 milioni di persone che oggi giorno non sanno se potranno fare due pasti veri, il mondo ricco continua a produrre e comprare più di quello che è in grado di smaltire. I prodotti più sprecati sono verdura, frutta fresca e pane. A ruota pasta, patate, uova, derivati del latte (yogurt, formaggi), per un totale in media di 370g/settimana/famiglia.
Spreco alimentare sempre più presente anche in Italia. Nonostante gli oltre 820 milioni di persone che oggi giorno non sanno se potranno fare due pasti veri, il mondo ricco continua a produrre e comprare più di quello che è in grado di smaltire. I prodotti più sprecati sono verdura, frutta fresca e pane. A ruota pasta, patate, uova, derivati del latte (yogurt, formaggi), per un totale in media di 370g/settimana/famiglia.
Emerge dalla Giornata della nutrizione, Nutrinformarsi: lo spreco nel piatto, organizzata dal Crea Alimenti e Nutrizione (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria), presso cui è istituito l’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari. Lo studio, effettuato nel corso dell’anno 2018 ha interessato 1.142 famiglie rappresentative della popolazione italiana, coinvolgendo i responsabili degli acquisti alimentari e della preparazione dei pasti. L’indagine è comparativa, con dati armonizzati, provenienti da diversi paesi europei (Olanda, Spagna, Germania e Ungheria). Il campione è stato selezionato nel rispetto di genere, età, livello di istruzione e reddito e per dimensione della famiglia.
Lo spreco maggiore si è riscontrato nelle famiglie monocomponenti e nei segmenti di età più giovane. Il dato italiano sullo spreco alimentare è allineato con quello olandese (365 g/settimana) e molto inferiore a quello spagnolo (534 g/settimana), tedesco (534 g/settimana) e ungherese (464 g/settimana). L’attenzione sullo spreco in Italia è alta, al punto che più della metà del campione intervistato condanna fermamente la pratica di gettare via il cibo, riconoscendone l’impatto negativo e le ricadute in diversi ambiti: economico (70%), sociale (conseguenze su disponibilità di cibo nel mondo, 59%) e ambientale (55%).
Le famiglie italiane, infine, si dichiarano capaci di gestire le attività in cucina, fattore di rilevante prevenzione: circa due terzi degli intervistati, infatti, dichiara di pianificare gli acquisti e di non fare acquisti di impulso, meno di un quinto afferma di non saper riutilizzare gli avanzi o pianificare le giuste quantità di alimenti da acquistare e solo il 5% sostiene di non finire quello che nel piatto e di non conservare gli avanzi. Tuttavia solo il 42% decide in anticipo i menù settimanali.