Il settore agroalimentare del Mezzogiorno sembra avere le competenze per acquisire un nuovo ruolo a livello nazionale e internazionale, riuscendo anche a conservare la qualità delle produzioni.

Dall’agricoltura del Sud giungono segnali molto incoraggianti, che fanno pensare, forse, all’avvio di una nuova stagione. Crescono i processi di disintermediazione, in cui le filiere tendono ad accorciarsi, ed il settore agroalimentare del Mezzogiorno sembra avere le competenze per acquisire un nuovo ruolo a livello nazionale e internazionale, riuscendo anche a conservare la qualità delle produzioni.

Ma cìè di più, in alcune imprese del Mezzogiorno, anche come conseguenza di un inevitabile rinnovamento generazionale, sembrano scorgersi elementi di dinamicità e capacità di aggredire il mercato che, forse, il successo e le dimensioni già raggiunte hanno leggermente disinnescato nelle imprese del Nord.

Di tutto ciò ci parla il “Rapporto sulla competitività dell’agroalimentare nel Mezzogiorno”, presentato ieri presso l’Università degli Studi di Salerno nell’ambito di una conferenza stampa congiunta con Fiere di Parma e Federalimentare.

Lo studio di prefigge come obiettivo quello di identificare e analizzare i nuovi comportamenti delle imprese agroalimentari del Mezzogiorno, sia rispetto al mercato interno ed estero (con particolare riferimento alle esportazioni) sia nei confronti degli altri attori delle filiere (accordi con la GDO, approvvigionamenti delle materie prime, ecc.).

Lo studio è articolato in tre parti:

– Evoluzione dello scenario macroeconomico e delle dinamiche competitive del settore agroalimentare italiano e del Mezzogiorno;

– Analisi della performance delle grandi  imprese agroalimentari (fatturato superiore a 10 milioni di euro) attraverso i dati di bilancio;

– Indagine diretta con interviste telefoniche con un sotto-campione di imprese del Mezzogiorno classificate come “eccellenti”.