Probabilmente  nessuno immaginava che avrebbe portato tutto questo scompiglio, ma sta di fatto che dopo più di un anno dall’entrata in vigore della nuova Pac la definizione nazionale di agricoltore attivo ancora non è ben definita e continua a dividere.

Ci sta provando il Mipaaf, con un decreto apposito giunto alla seconda stesura. Essere o non essere agricoltore attivo, rientrare o meno nella definizione, è rilevante per poter accedere al regime dei pagamenti della Pac. Comprensibile quindi l’attesa e l’importanza ad esso attribuita. Un aspetto delicato è quello delle partite iva miste, aventi perciò più di un codice attività Ateco ed almeno uno agricolo.

Nella verisone attualmente in esame a Via XX Settembre, si tende a definire agricoltore attivo, in una situazione del genere, se viene rispettata almeno una di queste condizioni;

  • i ricavi totali agricoli siano almeno pari a 1/3 di quelli totali;
  • i pagamenti diretti annuali della pac siano superiori al 5% dei ricavi totali non agricoli del richiedente;
  • la ragione sociale o la denominazione sociale con la quale il soggetto economico è identificato contenga l’indicazione «società agricola».

In effetti questa impostazione appare restrittiva e corregge l’idea contenuta nel decreto dello scorso 18 novembre, per il quale era sufficiente il requisito del possesso di una partita Iva in campo agricolo, con dichiarazione Iva dal 2016. Quest’ultima condizione, tra l’altro, non è richiesta per le aziende con oltre il 50% della superficie in montagna o nelle aree svantaggiate.

È evidente come molti agricoltori che ritenevano di essere compatibili con la definizione di agricoltore attivo data dal precedente decreto ora potrebbero non esserlo più, se il testo in via di definizione fosse approvato così.